È proprio uno di quei periodi che ti vien da pensare come sarebbe stato meglio nascere nel 1950 e morire nel 2010, ma anche prima: rinunciando a qualche anno di anzianità, vissuta probabilmente in povertà e imbottito di pillole delle fiorenti industrie farmaceutiche, ma potendo dire di aver visto uno dei nostri periodi migliori e aver evitato di assistere al pietoso declino in cui siamo totalmente immersi da un po’ di anni.
Fatto sta che leggendo i giornali non si fa che impattare
con cose sconcertanti: la Border Leyen che vuole mettere 800 miliardi nella
difesa (leggete attacco); il duo Trump e Musk che, sebbene con alcune idee condivisibili,
sta mostrando il lato peggiore del potere e della ricchezza, e in generale
tutta la politica internazionale, la democrazia e pure l’Europa si stanno
sbriciolando come fossero argilla. E magari lo sono.
Niente di buono nemmeno dalle nostre parti: crisi della
magistratura; crisi delle istituzioni, con il bel siparietto del non luogo a
procedere di Pagani annullato a proposito della vicenda dell’abbattimento dell’ex
Macello e la riapertura dell’inchiesta dove tutti, ancora, mentono
spudoratamente come se il Ticino gli appartenesse e rendere conto al popolo sia
un maledetto fastidio.
Senza parlare delle difficoltà de laRegione, costretta a
tagliare 5.5 persone dalla redazione, non sapendo ancora se di quello che
taglieranno a metà terranno la parte sopra o quella sotto… Però, scherzi a
parte, anche questa è una brutta notizia che a mio avviso merita una
riflessione. La meriterebbe da parte della politica, e magari da parte di
qualche intellettuale, perché parliamo dell’unico secondo quotidiano del
cantone, e cioè dall’unica cosa che ci separa dal vedere il mondo come
Righinetti. Ma anche credo che la faccenda meriti una riflessione perché a mio
modesto parere, oltre naturalmente alla crisi della carta stampata e dei media
locali in generale, la difficoltà nel raccogliere pubblicità da parte del
giornale sa tanto di un vero e proprio attacco da parte dell’economia a un
quotidiano che, a differenza dell’altro quotidiano ticinese, sempre accomodante
e pronto a difendere qualsiasi vaccata della politica e dell’economia, si
schiera spesso a difesa della democrazia e, quando non ci sono ordinanze
restrittive, si impegna a mettere in evidenza tutte le magagne e il malaffare
che regnano in questo cantone.
Per cui, mettendo assieme il CdT che svende abbonamenti e
pubblicità e l’economia che non sceglie più laRegione per la propria promozione, non è difficile
pensare come oltre alle difficoltà citate prima ci sia una vera e propria
operazione per eliminare un giornale che, in un Ticino costruito ormai solo su
intrallazzi e malaffare, è diventato scomodo.
Siamo in un periodo in cui non essere allineati diventa
una grave colpa.
Mala tempora currunt.
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