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Prima lettera contro il PPD: "Il rancore"

Come promesso ieri ecco il mio primo pezzo, dei sette che farò, indirizzato al PPD, che in questi giorni è ormai arrivato su Nettuno a cagare fuori del vaso!
Non posso e non voglio accettare che una faccenda di rancore personale interferisca così massicciamente con la votazione contro il canone radiotelevisivo – contro il servizio pubblico - che andremo a fare il 4 marzo. Non voglio accettarlo perché la votazione è delicata e rischiamo davvero di giocarci una delle poche componenti irrinunciabili di uno Stato, solo perché la campagna, invece di essere un intelligente, acuto, lungimirante e coscienzioso dibattito sul servizio pubblico è scaduta in una merdosa campagna elettorale in cui di tutto si parla fuorché del significato e dell’importanza del nostro servizio pubblico.

Ma la situazione è ancora peggiore, perché c’è una storia nella storia: la prima storia è il generale disfattismo della politica nel mettersi in campo chiaramente a favore del nostro Stato e del servizio pubblico, che sono la sua bocca e le sue orecchie; mentre la seconda storia è la personale battaglia del PPD contro la RSI. E questo primo pezzo lo voglio dedicare proprio a questa seconda storia: il rancore del PPD nei confronti della RSI.
Adesso fate qualche respiro forte, bevete un caffè e accendete i neuroni perché c’è una cosa da capire, anzi c’è una sequenza da capire. Ve la scrivo proprio a punti, così è bella chiara...

1. Scoppia lo scandalo ARGO 1: all’inizio si parla più di Jihadisti che di altro, ma giorno dopo giorno appare uno scenario sempre più da brivido su come il DSS abbia gestito il mandato ad ARGO, e Beltraminelli inizia ad essere sotto gli occhi dei riflettori.

2. Ormai c’è tanta carne al fuoco, tanto che la RSI decide miracolosamente di approfondire, e con un servizio di Falò magistrale, la popolazione riceve una informazione chiara e dettagliata su un affare che la stampa fino a quel momento aveva trattato in maniera piuttosto nebulosa. E non solo la stampa non aveva approfondito abbastanza, dato che dopo il servizio sono partite nuove inchieste e nuovi approfondimenti.
E di nuovo il Beltraminelli non ne è uscito bene.

3. Nel frattempo a tutta la vicenda si sovrappone il caso “senza rilevanza penale” ma generoso di domande sulla famosa cena a Bormio: il titolare di Argo che offre una cena a una responsabile per i migranti nel DSS e al suo compagno Fiorenzo Dadò, che però paga lui perché lei era sua ospite; ma lui non conosceva Sansonetti, ma allora il “regalo” di Sansonetti era per Dadò, e invece no perché lui non conosceva Sansonetti, ma allora il regalo era per lei, ma no perché lei era sua ospite... e via dicendo all’infinito.

4. Vengono alla luce i due incontri col responsabile del DSS Bernasconi, di cui uno in bettola, al quale partecipa la tipa del Dadottero (quella del DSS alla cena a Bormio) e Dadò, che continua a dire di non c’entrare un cazzo col caso Argo, ma poi riesce ad ottenere due incontri col responsabile del DSS Bernasconi per parlare di ARGO...

5. A quel punto il PPD si gioca la carta del tutti i fuochi: 200 mila copie ai “ticinesi non rancorosi” in cui con rancore spara la faccia di Caratti proprio sopra un “Cattiveria” scritto a caratteri cubitali, spara sulla RSI e, ecco un nuovo attore che entra in scena, riprende il “vergognoso” di Andre Leoni che su LiberaservadelPPDTV aveva definito proprio così quella stampa che trattava la vicenda ARGO e i suoi surrogati come fossero scandali e non bagatelle di ragazzini un po’ irrequieti.

6. La lettera del Dadottero non pare sia una buona idea: tanto che quando finalmente ieri l’abbiamo ricevuta, non solo nessuno ne ha dato la notizia, ma nemmeno quelli attaccati hanno reagito. E in effetti apprezzo questa sensibilità: io quando l’ho letta mi sono detto che qualsiasi organismo vivente dal cactus in su l’avrebbe trovata una lettera pretestuosa, rancorosa, piccata, con nessuna valenza politica e soprattutto con nessuna valenza umana, perché soffrire quando la gente ti sgama perché fai puttanate è doveroso e non è un’ingiustizia!
Il fatto rilevante è che comunque Falò non abbia ricevuto denunce: ecco perché le parole del tutti i fuochi del Dadottero valgono solo il tempo che ci si impiega a leggerle.

7. Il PPD non è ancora appagato, e trasformandosi in una Lega bis sale a cavallo del canone che i dipendenti RSI non pagano. Che non pagano da quando, chiederete voi? Da sempre, naturalmente, ma il PPD sembra averlo scoperto solo adesso, e creando un legame che non c’è tra il canone che i dipendenti non pagano e quello che ci chiedono di pagare, prima di tutto dimostrano di non aver capito politicamente che votiamo sul servizio pubblico e non sul canone, e in secondo luogo dimostrano di non aver capito che non sono i dipendenti della SSR a chiederci di pagare il canone ma è lo Stato che ci chiede di farlo! Certo, lo Stato: quella immensa scommessa che i politici dovrebbero costruire invece di smantellare!

8. Poi... Poi si vede che al Fabio Regazzi gli hanno cambiato il pusher, e ieri si è svegliato con le allucinazioni, e dopo aver infilato la testa nel microonde per 10 minuti in modalità grill ha deciso di interrogare il Consiglio federale chiedendogli se non ritenga che il privilegio vada revocato subito. E certo, perché adesso c’è un’urgenza boia... Perché... Ma CAZZO REGAZZI!!! HAI AVUTO 50 ANNI PER INTERROGARE IL CONSIGLIO FEDERALE SU QUESTA COSA!!!!
Ecco, solo per dire che noi paghiamo quell’asino su a Berna per fare queste cazzate, e poi dobbiamo anche pagare i sette babbioni del CF per il tempo che impiegheranno a rispondergli!
E, nota d’autore, la notizia dell’interrogazione del Bambo al CF appare per prima su LiberaservadelPPDTV!

Ecco, no, solo per dire che mentre noi abbiamo un tema che richiederebbe intelligenza, acume, lungimiranza e coscienza da discutere per evitare di perdere la bocca e le orecchie del nostro Stato facendo una catastrofe il 4 marzo, la nostra politica fa melina o campagna e c’è il PPD che come ho detto all’inizio del pezzo è arrivato fino a Nettuno con le sue cagate fuori del vaso!

Spero che questa farsa si fermi, perché sennò il mio settimo pezzo sarà una lettera al Consiglio di Stato!



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