C’è, è grande, è lì da vedere: oggi si manifesta con il nome di “salario minimo”, ma più in generale la montagna grande che abbiamo davanti è lo sfruttamento da parte dell’economia della manodopera frontaliera a basso costo. E questo tema è il tema del Ticino da più di vent’anni!
Vi invito a leggere la nostra storia recente da un punto di vista un po’ diverso. Mettiamo infatti che tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta il nostro Governo avesse visto proprio nell’Italia un modo per rimpolpare la nostra economia, credendo che nuove aziende, soprattutto italiane, avrebbero potuto prosperare grazie alle nostre condizioni fiscali favorevoli e anche, appunto, alla manodopera a basso costo della stessa Italia.
E mettiamo anche che il nostro Governo l’abbia fatto in buona fede: in fondo considerando una Lombardia con 400mila disoccupati, con salari bassissimi e con tasse così alte da mettere in difficoltà qualsiasi impresa, aprire le porte del Ticino poteva essere una buona idea. Il genio imprenditoriale italiano avrebbe trovato terreno fertile per esprimersi, e anche un po’ dei disoccupati lombardi avrebbero trovato un posto di lavoro decente.
Il tutto, immagino, considerando che si sarebbe trovata una bilancia tra l’approfittarsi di questa condizione geografico-fiscale favorevole e la reale creazione di imprese a valore aggiunto sul territorio ticinese, dando così, in equilibrio, un colpo al cerchio e uno alla botte.
Ma… Ma l’occasione fa l’uomo ladro, perché a invadere il Ticino non è stato il genio imprenditoriale italiano, ma multinazionali dello sfruttamento, che a suon di capannoni e aziende a zero valore aggiunto hanno fatto man bassa di agevolazioni e incentivi, costruendo tutto sulla manodopera a basso costo della vicina Penisola e distruggendo di conseguenza il nostro mercato del lavoro!
Lo hanno fatto essenzialmente iniziando l’assunzione quasi esclusiva di frontalieri: per cui la grande maggioranza dei posti di lavoro creati sono andati a frontalieri. E correlato a questo, è iniziato il gioco al ribasso dei salari: oggi in Ticino siamo quelli coi salari più bassi rispetto a tutto il resto della Svizzera!
E mettiamo anche che il nostro Governo l’abbia fatto in buona fede: in fondo considerando una Lombardia con 400mila disoccupati, con salari bassissimi e con tasse così alte da mettere in difficoltà qualsiasi impresa, aprire le porte del Ticino poteva essere una buona idea. Il genio imprenditoriale italiano avrebbe trovato terreno fertile per esprimersi, e anche un po’ dei disoccupati lombardi avrebbero trovato un posto di lavoro decente.
Il tutto, immagino, considerando che si sarebbe trovata una bilancia tra l’approfittarsi di questa condizione geografico-fiscale favorevole e la reale creazione di imprese a valore aggiunto sul territorio ticinese, dando così, in equilibrio, un colpo al cerchio e uno alla botte.
Ma… Ma l’occasione fa l’uomo ladro, perché a invadere il Ticino non è stato il genio imprenditoriale italiano, ma multinazionali dello sfruttamento, che a suon di capannoni e aziende a zero valore aggiunto hanno fatto man bassa di agevolazioni e incentivi, costruendo tutto sulla manodopera a basso costo della vicina Penisola e distruggendo di conseguenza il nostro mercato del lavoro!
Lo hanno fatto essenzialmente iniziando l’assunzione quasi esclusiva di frontalieri: per cui la grande maggioranza dei posti di lavoro creati sono andati a frontalieri. E correlato a questo, è iniziato il gioco al ribasso dei salari: oggi in Ticino siamo quelli coi salari più bassi rispetto a tutto il resto della Svizzera!
Infatti praticamente tutte le nuove aziende aperte qui rientrano essenzialmente in tre tipologie: fiduciarie per favorire l’evasione fiscale dei ricchi italiani; capannoni di smistamento o produzione di merce per grandi multinazionali; aziende di servizi o negozi in diretta concorrenza con quelli sul territorio, ma vincenti perché capaci di prezzi più bassi.
Ma il nostro problema in questo periodo non è stato cercare di arginare l’economia dello sfruttamento, bensì quasi tutti si sono impegnati per negare questo fenomeno: “i frontalieri non rappresentano un problema per il mercato del lavoro ticinese” è quanto ci ripetono l’economia, la SECO, l’IRE e consorelle da anni. Il tutto mentre in realtà, negli ultimi anni, è raddoppiata l’assistenza sociale, è quasi raddoppiata la sottoccupazione (probabilmente per aggirare i CCL, assumendo a percentuale ma facendo lavorare al 100%), la disoccupazione ILO è ben maggiore alla media nazionale, i salari sono i più bassi in Svizzera, la disoccupazione giovanile e anche i giovani in assistenza sono un numero elevato e praticamente tutti i nuovi posti vanno ai frontalieri…
Ciliegina sulla torta sono poi le affermazioni di Modenini, secondo cui, prima di tutto, a beneficiare del salario minimo sarebbero per due terzi frontalieri: confermando in pieno che la categoria meno pagata in Ticino è proprio quella dei frontalieri, e smentendo allo stesso tempo tutti i proclami secondo cui si attingerebbe a manodopera d’oltre frontiera non per una questione di salari ma di formazione. E non è vero perché i dati dimostrano il contrario!
Poi, sempre Modenini, ci dice che un salario minimo di 3'500 franchi significherebbe la perdita di 1'500 posti di lavoro (salari così distanti dal 3'500 che non possono essere compensati senza il fallimento dell’azienda) e soprattutto un volume di compensazione pari a 200 milioni l’anno, che a spanne fanno ad esempio la compensazione di 15mila stipendi da 2'500 a 3'500 franchi! Altro dato che indica bene quale sia la grandezza dello sfruttamento dei salari bassi!
Poi, sempre Modenini, ci dice che un salario minimo di 3'500 franchi significherebbe la perdita di 1'500 posti di lavoro (salari così distanti dal 3'500 che non possono essere compensati senza il fallimento dell’azienda) e soprattutto un volume di compensazione pari a 200 milioni l’anno, che a spanne fanno ad esempio la compensazione di 15mila stipendi da 2'500 a 3'500 franchi! Altro dato che indica bene quale sia la grandezza dello sfruttamento dei salari bassi!
Ma questo approccio non ce l’ha nessuno, anzi quasi nessuno: se infatti rileggiamo la storia ci accorgiamo che la Lega, più di vent’anni fa, si è costituita proprio attorno a questo tema: nessuno prima del Nano aveva portato il tema dei frontalieri sul tavolo! Poi naturalmente l’approccio della Lega che punta il dito verso i frontalieri e non verso le aziende sfruttatrici ha dato modo alla sinistra di travisare il tutto e di portare la discussione sulla xenofobia, così da arenare molta sinistra in una battaglia inutile contro la Lega, invece di cercare soluzioni al nostro mercato del lavoro.
E insieme alla Lega c’è stato un altro a insistere massicciamente nel voler mettere il tema sul piatto: il nostro caro Sergio Savoia! Pure lui faceva lo stesso discorso, più preciso perché rivolto alle ditte sfruttatrici e non ai frontalieri, ma anche lui è stato osteggiato proprio dalla sinistra. Ma anche lui aveva ragione!
E insieme alla Lega c’è stato un altro a insistere massicciamente nel voler mettere il tema sul piatto: il nostro caro Sergio Savoia! Pure lui faceva lo stesso discorso, più preciso perché rivolto alle ditte sfruttatrici e non ai frontalieri, ma anche lui è stato osteggiato proprio dalla sinistra. Ma anche lui aveva ragione!
Ecco perché oggi il salario minimo è importantissimo: l’introduzione di uno stipendio sotto il quale non si può scendere ferma di fatto quello sfruttamento da 200 milioni l’anno, rendendo il frontaliere meno attrattivo e soprattutto facendo una bella pulizia di tutte le ditte “marce” che sono qui solo per poter assumere manodopera d’oltre confine a stipendi da fame!
Dunque la discussione sul salario minimo deve restare accesa, così da fare pressione a chi dovrà fissare la cifra! E la battaglia è epocale visto che ci sono tutte le forze in campo proprio per evitare un salario minimo dignitoso in Ticino.
Dunque la discussione sul salario minimo deve restare accesa, così da fare pressione a chi dovrà fissare la cifra! E la battaglia è epocale visto che ci sono tutte le forze in campo proprio per evitare un salario minimo dignitoso in Ticino.
Per cui oggi, di mio, rivaluto il discorso della Lega (non sempre l’azione), e rivaluto in blocco Savoia. Facendo notare a tutti che proprio le due entità capaci di vedere il problema principale del mondo del lavoro ticinese sono state osteggiate principalmente dalla maggioranza della sinistra!
E infatti, a conferma del mio discorso, abbiamo ben visto quale sia la posizione di Bertoli sul salario minimo.
Meditate ggente, meditate!
E infatti, a conferma del mio discorso, abbiamo ben visto quale sia la posizione di Bertoli sul salario minimo.
Meditate ggente, meditate!
Io credo che il ticino si abbia tirato la zappa sui piedi da solo,non avrebbe dovuto fare entrare di tutto ,doveva gestirsi il lavoro,tenersi la manopera professionale,io credo che la produzione sia scesa di livello,se continua questo sistema non vedo luce all'orrizzonte.
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