È interessante guardare le dinamiche macroscopiche delle
persone, e soprattutto è bello confrontarle con i loro proclami: “aperti e
multikulti” sembra essere l’imprinting della maggior parte di noi, eppure
sistemi macroscopici come l’immenso social Facebook dimostrano l’esatto
contrario!
Ho Facebook da tre anni e sono anche un informatico
appassionato di sistemi e soprattutto delle loro logiche. Ecco perché dopo tre anni
di social sono riuscito a identificare una dinamica chiara per quanto riguarda
il comportamento della maggior parte di noi: la chiusura!
Infatti, se a una prima occhiata una rete come quella
offerta da Zuckerberg sembra offrire una imperdibile possibilità di contaminazione
e di confronto, di fatto Facebook non ha creato una grande comunità mondiale,
ma i suoi utenti si sono chiusi in un numero infinito di piccoli gruppi
composti da propri simili, luoghi dove anzi idee e profili diversi che di tanto
in tanto fanno incursione per aprire una discussione vengono visti come “nemici”,
come disturbatori di una quiete e di un equilibrio fatto essenzialmente di sole
conferme.
In fondo la maggior parte dei nostri post possono essere
riassunti nella seguente formula: l’utente posta un “Sono fatto così” e la
cerchia di amici conferma con un “mi piace”. Ed è infinitamente triste notare
come una opportunità di scambio e di discussione come è Facebook venga invece
utilizzata per raggrupparsi con i propri simili e per creare un piccolo
esercito di persone pronte a “dare la vita” contro chiunque metta in dubbio le
proprie certezze e le proprie modalità di vita.
Quindi? Quindi per ora i social network sono un’occasione
persa, in cui in fondo si smaschera una nostra terribile condizione: non siamo
esseri umani colmi di idee, di cose da condividere e mossi dal desiderio di
creare quella tanto sbandierata comunità “multikulti”, ma siamo persone con
voragini dentro, tendenzialmente incapaci di confrontarsi e soprattutto
bisognosi di conferme! Conferme che in fondo non fanno altro che smascherare i
nostri dubbi: dubbi che abitano il nostro inconscio, in quei luoghi occulti in
cui la nostra anima parla e ci dice un sacco di verità riguardo all’equilibrio
del sistema in cui viviamo e riguardo a noi, a ciò che fuggiamo e a ciò che
nascondiamo e che invece dovremmo affrontare.
E invece, ve lo dice un informatico, le reti sono fatte
per comunicare e per connettere tutti con tutti! Certo: servono buoni
sistemisti e serve un approccio molto diverso. Un approccio che veda appunto la
connessione come un’opportunità: non solo di scambiare le cose belle che
abbiamo imparato durante la nostra vita, ma anche quella di confrontare noi con
gli altri, mettendoci in gioco e soprattutto tornando a crescere!
Pensateci: quel muro che ognuno di noi mette attorno alla
propria bacheca è il limite che determina la nostra impossibilità di crescere!
Come fai ad aggiungere elementi alla tua coscienza e a rinnovare quelli
obsoleti se frequenti solo tuoi simili?
Certo: un mondo sempre più difficile non ci aiuta ad
avere l’atteggiamento giusto per dei confronti gentili e subito produttivi, ma
è proprio nostro compito trovare delle modalità per riaprire un dialogo tra noi
e ricominciare a contaminarci in maniera produttiva!
In fondo il modello è sempre quello: è un funzionamento
dell’anima che si protegge e che innalza un muro, “The Wall”, sempre lui.
Eppure dobbiamo capire quanto sia essenziale abbattere questo muro, e soprattutto
che non può essere abbattuto con la forze o con l’imposizione, ma soltanto con
un processo dialettico che ci coinvolga tutti.
Bisogna trovare i modi, ma a mio avviso è l’unica via.
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