Dai, parliamo di matematica, ma non preoccupatevi: niente
calcoli difficili! Parliamo di democrazia e di come questa non debba offrire
pari opportunità solamente in occasione delle votazioni, ma le debba offrire in
ogni ambito della nostra società, media e politica compresi, sempre! Ecco
perché ora vi porto dentro a un ragionamento che di suo è piuttosto
stupefacente, perché conduce a una visione nuova e differente proprio del
termine democrazia.
Partiamo da un dato importante, e cioè che in Ticino una
persona su quattro vive sulla o sotto la soglia di povertà! Senza contare che
gli altri sicuramente non nuotano tutti nell’oro, ma che probabilmente un’altra
consistente fetta della popolazione, alla soglia di povertà ci vive vicina, tra
sacrifici, rinunce e tanto stress. Ma per ora questi li lasciamo fuori del
ragionamento, perché a noi basta quel 25% della popolazione che vive appunto
sulla o sotto la soglia di povertà. E il ragionamento inizia qui!
Adesso vi faccio una domanda: quante persone appartenenti
a questa fascia avete mai visto in politica? O quanti di loro avete mai visto
come ospiti a un dibattito televisivo? La risposta scontata è: nessuno! Ma l’obiezione
naturale è: perché? Perché un quarto della popolazione ticinese non è
rappresentata in politica e non è rappresentata nemmeno all’interno del
dibattito pubblico sul nostro Cantone?
E per “rappresentata” non intendo da un tipo in giacca e
cravatta pagato 250mila franchi l’anno che si dice “vicino ai problemi della
gente”, ma intendo rappresentata da uno di loro: da uno dei “poveri”!
Esattamente come succede per le altre categorie: che tra lobbisti e infiltrati
nei partiti riescono a portare costantemente non solo la propria voce, ma anche
essi stessi all’interno della politica e dei media.
Evidentemente queste persone rimangono escluse proprio
perché sono povere: perché se hanno uno straccio di lavoro probabilmente non
possono assentarsi quando serve per le sedute in Gran Consiglio, ma anche e
soprattutto non hanno i mezzi per una campagna elettorale, e nemmeno hanno le
conoscenze per essere… cercati dalle “commissioni cerca”, che io chiamerei più
affettuosamente “commissioni filtra”.
Eppure, lo ripeto, parliamo di una fetta della
popolazione grande ben il 25%, che non trova però alcuna possibilità di portare
se stessa né nella politica né nei dibattiti televisivi!
E ora la seconda parte del ragionamento: quello sull’asta
troppo bassa. Un’asta etica che dovrebbe formarsi dalla media della morale e di
conseguenza dell’etica di tutti i cittadini, ma che nel calcolo non contempla
la valenza di quel quarto della popolazione che di fatto il proprio sentore non
lo può portare là dove lo si potrebbe sentire e dove dunque potrebbe fare
media.
Per cui, per fare un esempio, quando a “60 minuti”
Ermotti definisce il precariato “stimolante” e nessuno dei presenti vive e sa
cosa sia il precariato, diventa “normale” che quella di Ermotti sia una normale
opinione. E invece, se quel 25% fosse lì a fare media, sarebbe un’offesa: una
grande offesa da parte di un rappresentante e sostenitore di quel libero
mercato che ha portato 8 persone a possedere quanto 3.5 miliardi di altri
facendo passare le sue dinamiche e le sue modalità come “normali”.
Ebbene, questa visione “normale” non lo è: e se quel
quarto della popolazione potesse fare media, lo capiremmo bene tutti!
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