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Un vantaggio speso male

Non è mia intenzione rovinarvi la festa, ma voglio condividere con voi un pensiero in me ricorrente. Mi dico sempre quanto il fatto di essere nato in Svizzera e non nel Botswana, o in Siria o in Eritrea, vada imputato molto più al caso rispetto che a un qualsiasi merito. Quindi, quando da piccolo vedevo (raramente) alla televisione le immagini della povertà o delle guerre cercavo spiegazioni: mia madre rispondeva con un evasivo “Sono lontani e lì non hanno da mangiare”. Eppure io guardavo le foto con cui mio padre aveva tappezzato il negozio: erano le immagini dello sbarco sulla luna, e mi chiedevo come mai fossimo arrivati sulla luna, ma non fossimo capaci di arrivare in Africa dove c’era più bisogno di noi “eruditi”. E la domanda è rimasta invariata anche crescendo, completandosi con una spiegazione: siamo superficiali e viziati egoisti, che stanno spendendo male il proprio casuale vantaggio geografico!

Non so se vi rendete conto, ma la vita si divide essenzialmente tra bisogni e lusso: tra i primi c’è mangiare e avere un tetto, mentre nei secondi c’è andare sulla luna. Di mio penso che sulla luna ci si possa andare quando tutti hanno mangiato, ma evidentemente non è un approccio molto condiviso. E invece dovremmo interrogarci su questa luna, che per la NASA significa sbarcare sul nostro satellite, ma che per molti individui “eruditi” si traduce nel cambiare telefonino quattro volte l’anno; nel prendere un’auto a leasing e cambiarla ogni due; nel comprare un sacco di cose sostanzialmente inutili, ma che all’interno di una vita con, in fondo, poco spessore e poco senso, ci aiutano dandoci continue ma effimere ricompense psicologiche...
Tutti ragionamenti che devono portarci a pensare se noi questo “lusso acquisito” lo stiamo spendendo bene oppure no. E la mia risposta è no, perché noi in questo lusso geografico acquisito ci siamo caduti dentro, non considerando più che attorno a noi, in molti luoghi, non ci sono lune, o se ci sono rappresentano semplicemente un pasto, un tetto o anche solo il desiderio di non morire.
E dobbiamo aprire lo zoom della nostra coscienza, perché la nostra deriva è proprio il nostro cadere dentro a noi stessi: ci cadono i manager che da dentro i loro uffici trattano persone come numeri e vedono solo i profitti; ci cade la politica, sempre più alla ricerca di una vittoria sui “nemici” piuttosto che di una società vivibile che evolve in maniera nobile e sostenibile; e ci cadiamo noi, popolo, che rinchiusi tra i piccoli mondi che il potere impone, troviamo le nostre lune nei telefonini, nello shopping compulsivo, nel frastuono delle discoteche o nel cambiare auto ogni due anni.
E invece dove sta la nostra luna? La nostra luna sta nell’uomo: sta dentro di noi, che siamo esseri in divenire, che camminiamo da sempre verso un immenso e stimolante Oltre, ma che tra piccoli idoli umani che urlano, mode, fedi e promesse illusorie abbiamo perso la strada.
Noi abbiamo un lusso, casuale: quello di non essere nati in luoghi disgraziati. Non sprechiamo questo dono e prendiamo coscienza, allarghiamo la nostra coscienza: perché è uno sporco lavoro, ma qualcuno lo deve fare! E noi siamo i privilegiati che lo possono fare, anzi che lo devono fare!




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