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Titolo da cantare come alla Resega: “BERTOLI, BERTOLI, LA SENTI QUESTA VOCE?”



La nostra realtà si divide essenzialmente in due grandi categorie di eventi: quelli probabili, e cioè che succedono sovente e facilmente, e quelli molto rari. Nella prima categoria stanno quegli accadimenti definibili come all’ordine del giorno, che si manifestano spesso e senza troppi sforzi: come ad esempio fare il sei al Lotto per cinque volte consecutive, o fare canestro tirando da un chilometro di distanza con gli occhi bendati e girati di schiena... Mentre il secondo gruppo è quello degli eventi davvero rari, manifestazioni quantiche che un individuo raramente riesce a vedere nell’arco della propria esistenza: come ad esempio un socialista che fa autocritica! E noi siamo esseri fortunati, perché proprio l’altro giorno, dopo la vittoria di Trump, l’ex presidente del PS Anna Biscossa lo ha fatto! E allora, tripudio, gioia, rinascita e rivoluzione? No: ci ha pensato il buon Bertoli a rimettere l’EGO al centro del villaggio e a spostare di nuovo, come sempre, le colpe nella metà campo del popolo.


Non ce la fa; non ci riesce: è più forte di lui! La vittoria di Trump aveva infatti strappato alla Biscossa considerazioni insperate come questa: “Non abbiamo saputo proporre progetti credibili, capaci di dare speranza. E così facendo abbiamo lasciato campo libero ad altri nel confezionare soluzioni e dare spiegazioni sulle cause del crescente malessere sociale…”. Ragionamento che non fa una grinza, visto come di fatto il popolo non abbia potuto votare iniziative di sinistra - perché non le hanno fatte o non le hanno portate avanti fino in fondo -  ma grazie al “campo” laciato “libero” ha dovuto ripiegare votando iniziative di destra, come il 9 febbraio o Prima i nostri: iniziative di cui non conosceremo mai la reale buona fede dei promotori in quanto oggetto di ostruzionismo massiccio soprattutto dall’area socialista. Un ostruzionismo capace non solo di opporsi alla destra tout court, ma anche di schierare Lurati nella commissione del controprogetto all’iniziativa Basta dumping promossa dall’MPS!

E invece l’analisi, secondo Bertoli, è un’altra. Questa: “Prima di autoflagellarci consideriamo che se noi tiriamo da una parte, a tirare dall'altra c'è parecchia gente che ha un'altra visione del mondo che promuove attivamente. Ma noi le paure dei cittadini le abbiamo sempre ascoltate. Continuiamo le nostre battaglie di sempre”.
E qui il pensiero bertoliano si palesa nel suo massimo splendore, illustrandoci i quattro mattoni su cui la sua illuminante visione si fonda. Vediamoli: la prima regola imprescindibile del pensiero bertoliano è racchiusa in quel “prima di flagellarci”, che tradotta in italiano moderno significa NO AUTOCRITICA.
Il secondo mattone riguarda la comunicazione: la sconfitta della sinistra dipende infatti, secondo lui, dalla visione alternativa alla loro che la destra “promuove attivamente”. E questa è evidentemente una modalità che va a cozzare con la strategia del PS, il quale preferisce promuovere la propria visione solo... passivamente. Sob.

La regola numero tre merita invece un capitolo tutto suo: il buon Bertoli afferma infatti quanto loro le paure dei cittadini le abbiano “sempre ascoltate”. Ed è infatti il motivo per cui dopo il suo leggendario discorso del 1° d’agosto di tre anni fa è stato minacciato di morte...
E certo, perché in un Ticino in cui l’assistenza sociale stava raddoppiano, il dumping aveva raggiunto il record svizzero, i frontalieri avevano già passato le 50mila unità e il fenomeno della sostituzione del personale era ormai diventato una pratica giornaliera, il sommo Bertoli, il giorno della festa nazionale, ci diceva questo: “Nel contesto attuale, un Ticino che intenda puntare sulle eccellenze deve necessariamente anche saper superare l’atteggiamento indecorosamente ostile verso tutto quel che proviene dall’Italia, che in questi ultimi anni invece di attenuarsi sembra essersi addirittura accentuato. In alcuni frangenti questo clima, benché creatosi attorno a fenomeni sociali forieri di elementi anche problematici, ha raggiunto livelli parossistici, trasformando a tratti la nostra realtà in una caricatura, nell’immagine di un Cantone piccolo, impaurito, smarrito, ripiegato su se stesso, senza alcuna fiducia nei propri mezzi e con grande nostalgia verso le rendite di posizione del passato”.
Pensiero che tradotto in italiano corrente conferma come le paure della gente lui le ascolti eccome: paure che trasformano “la nostra realtà in una caricatura, nell’immagine di un Cantone piccolo, impaurito, smarrito, ripiegato su se stesso”. Insomma: grazie per la vicinanza e l’empatia!

E la stima per l’elettorato è un altro suo grande cavallo di battaglia: quello capace di fargli concludere con l’auspicio di proseguire nelle loro battaglie di sempre, non imparando e non curandosi dei messaggi lanciati dal popolo. Perché infatti, malgrado nella sua risposta alla Biscossa sostenga come gli elettori votino altrove “non perché sono disinformati, non perché non capiscono o sbagliano, ma perché hanno la possibilità di scegliere, fanno una scelta e la fanno sapendo abbastanza bene quello che stanno facendo”, il suo reale e ricorsivo pensiero è ben racchiuso nel suo commento all’elezione di Trump, con il quale, senza parole, chiudo: “L’America ha mostrato la sua faccia più inquietante. Se Trump farà alcune cose promesse in campagna elettorale c’è da avere paura, se non lo farà sarà l’ennesima presa in giro degli elettori che credono ancora alla favola del miliardario emblema della lotta al sistema”.


Mattia Corti,
elettore impaurito, smarrito, ripegato su se stesso che crede ancora alle favole.







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