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Il nostro mondo: la lotta tra l’economia del profitto e il popolo



Quando più di tre anni fa ho iniziato il mio blog, dicevo che il nostro mondo era in una, sola, costante e perenne lotta tra l’economia e il popolo. O detto giusto, tra chi vuole fare soldi e chi vorrebbe poter vivere e sviluppare una civiltà. Quindi dicevo di abolire i partiti, perché troppo intrecciati con l’economia, e di trovare altre soluzioni. Partiti così tanto intrecciati con l’economia da considerare ad esempio normale il lavoro del lobbista… E dopo tre anni, e di fronte a questo presente, mi dico che avevo ragione: che il nostro mondo è la lotta tra l’economia e il popolo, con la politica dalla parte della prima.

Gli ultimi tre anni sono stati un quadro perfetto delle dinamiche di cui parlavo prima: dal 9 febbraio inapplicabile, alla tassa sui posteggi congelata; dal Pozzo Polenta a Panama Papers, dalle norme anti inquinamento alle aperture dei negozi; dagli sgravi fiscali per ricchi e aziende ai tagli nel sociale, senza contare tutte le iniziative utili che muoiono nei cassetti e soprattutto il giochino dell’iniziativa-referendum, votazione-ricorso con cui manteniamo un meraviglioso stallo da quel dì.
E l’oppositore alle scelte e ai bisogni del popolo è sempre una sola: l’economia. Una economia malata alla base, perché non è un’economia sostenibile, ma è esattamente l’opposto: la nostra economia punta infatti allo squilibrio del sistema, muovendosi per avere utili sempre maggiori e costi sempre minori (quindi anche stipendi). Cosa che a mio avviso va contro le fondamenta di uno Stato e che lo costringerebbe a reagire, definendo dei criteri etici, di sostenibilità e di equilibrio proprio nelle nostre leggi per quanto riguarda l’esercizio dell’economia nel nostro comune mondo…
Ma il discorso è un altro: il discorso è che l’economia è fatta dai ricchi, e i ricchi hanno la brutta abitudine di sentirsi dominanti sempre. Per cui ormai la nostra cronaca è diventata una questione di principio di dominanza per loro. E allora si impongono con il loro 3% della disoccupazione SECO e lo vogliono sui media, che devono eseguire. O organizzano campagne mastodontiche e fuorvianti quando ci sono votazioni come quella sul salario minimo. O con le loro flotte di avvocati fermano una tassa sui posteggi votata dal popolo, che già sarebbe dovuta essere a carico dei grandi generatori di traffico e invece, sempre per il principio di dominanza, abbiamo scoperto come si fossero organizzati per riversarla naturalmente su dipendenti e clienti. O, sempre con gli avvocatoni, portano alla prescrizione il disastro del Pozzo Polenta.
E potrei andare avanti per paginate portando esempi simili, ma ormai non ce n’è bisogno perché adesso bisogna solo guardare le grandi montagne che abbiamo di fronte oggi: montagne come il 9 febbraio “ridotto a icona” dal lavoro della politica; come la tassa sui posteggi votata dal popolo, ancora, fermata dagli avvocatoni dell’economia; e infine i controprogetti (e spesso anche le iniziative) che andrete a votare tra un po’, costruiti all’insegna dell’inefficacia dall’invece efficacissimo tandem tra economia e politica.
Ecco: basta guardare questo per capire che i cittadini del nostro Stato e non solo del nostro, oggi, non hanno praticamente più alcun diritto. E che il problema unico di cui discutere è l’economia degli utili contro i diritti dei cittadini. E bisogna farlo trovando un modo, perché come abbiamo visto non è la politica a difendere i cittadini del proprio Stato.

Beh, questo pezzo per dire che bisogna trovare il modo, e anche per dire che tre anni fa avevo già ragione!





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