Per capire la nostra realtà è necessario pensare grande e
pensare piccolo contemporaneamente: dobbiamo pensare grande e chiederci che
impatto avranno AlpTransit e Gottardo sul Ticino, e dobbiamo risponderci che
opere così mastodontiche non sono state realizzate per connettere noi più
velocemente con il nord delle Alpi. O meglio, gli investimenti miliardari non
hanno nessun senso se pensiamo al Ticino in quanto tale, con 350mila miseri
abitanti, ma hanno senso se li intendiamo come un collegamento veloce tra
Italia e resto d’Europa, e viceversa. Dunque l’immagine che salta alla mente,
nel disegno grande, è esattamente quello di un bypass, per quanto ci riguarda.
Poi dobbiamo pensare piccolo, e chiederci come possiamo sfruttare e integrare
queste nuove strutture, e la risposta è che non possiamo perché, e questa sarà
la mia tesina di oggi, nessuno ha capito che una realtà come la nostra potesse
sopravvivere solo grazie a una forte identità svizzera. Una identità invece
quasi inesistente, che di fatto non è stata più forte dello sbarramento alpino,
trasformandoci più in un’appendice italiana che in un cantone svizzero.
Partiamo dall’inizio: il Ticino è un territorio in cui si
parla italiano, diviso dal resto della Svizzera, in cui invece l’italiano non
si parla, da una grande catena montuosa, dunque per certi versi isolato. E
questa è la ragione per cui la nostra identità andava coltivata più che in
qualsiasi altro cantone svizzero, così da mantenere sempre una netta
distinzione con l’Italia: permettendoci così di diventare attrattivi,
soprattutto turisticamente, per la lingua comune, ma soprattutto per la cultura
e i modi diversi.
Ma anche avremmo dovuto coltivare la nostra cultura
svizzera per evitare l’isolamento da Berna di cui si parla spesso: i Ticinesi
sono poco sentiti dal nostra governo – si dice spesso – e in un certo senso
vengono considerati quasi dei “diversi” dal resto della Svizzera, proprio
perché la nostra cultura, che forse anzitempo si è disfatta dei boccalini e
delle zoccolette, somiglia sempre più a quella italiana.
Ed ecco due errori insieme: il primo è stato quello di “aprirsi”
troppo a quella cultura vicina fatta di pressapochismo, immagine, illegalità
latente e lungimiranza zero, ma soprattutto l’errore primo è stato quello di
seguire il flusso dell’economia, che nel periodo d’oro dell’evasione e della
speculazione selvaggia ha portato sufficienti introiti per non lamentarsi, ma
ha smorzato totalmente qualsiasi volontà di investire sul territorio e di
valorizzarlo. Magari proprio in previsione del momento in cui la finanza
avrebbe levato le tende e la geografia ci avrebbe sacrificati facendoci
diventare molto italiani e poco Svizzeri.
E invece? E invece avremmo dovuto aggrapparci alla
Svizzera, limitando le “benvenuta impresa” e difendendo coi denti il nostro
mercato del lavoro. Investendo, finché la finanza ci foraggiava, su opere e
attività locali, e soprattutto avremmo dovuto collegare e valorizzare le valli:
quei paradisi in cui avremmo potuto portare e mantenere viva la Svizzera, con
usanze, coreografie e attività tipiche della nostra cultura, che se coltivate
soprattutto a vocazione turistica avrebbero dato e un habitat conosciuto ai
turisti provenienti da nord, ma soprattutto avrebbero offerto la Svizzera vera a
quelli provenienti da sud, prima di passare il Gottardo e arrivare in Svizzera!
E adesso? Adesso la finanza se n’è in parte andata e in
parte ha dovuto smettere certe pratiche funamboliche e a noi non restano più
risorse per investire, ma soprattutto non ci resta nulla da offrire. E il
bypass di AlpTransit e Gottardo servirà proprio ai turisti per “saltarci via”
in entrambe le direzioni; alle merci per attraversarci, e a noi al massimo
servirà per fare i pendolari a Zurigo perché qui gli stipendi saranno
sostenibili solo dai frontalieri, i quali, al completamento di tutto,
raggiungeranno il Ticino ancora più velocemente!
Così abbiamo perso! Il Ticino, così particolare e così
diviso dalla Svizzera doveva difendere la propria cultura con i denti e
coltivarla continuamente, così da diventare quel piccolo paradiso svizzero a
sud delle Alpi e non il terreno di caccia italiano a nord di Milano!
Abbiamo perso.
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