Panama Papers: per non cadere nel dettaglio



Vedo che il PS ha fatto una mozione interessante per aver accesso ai documenti Panama Papers e verificare quanto e come soggetti o entità ticinesi siano coinvolti nell'evasione fiscale. Tutto giusto, ma...

Ma dobbiamo renderci conto di alcune cose: la prima è che questo scandalo non riguarda tutta l'evasione fiscale, ma soltanto una delle reti impegnate in questa attività. Quindi è necessario rendersi conto dell'entità del problema e soprattutto delle sue ripercussioni: se solo in questo "giro" si parla di 7600 miliardi di dollari sottratti al fisco (il debito italiano è di circa 2mila miliardi!), è verosimile pensare che la cifra totale legata all'evasione fiscale nel nostro mondo "civilizzato" abbia dimensioni mastodontiche, tanto naturalmente da determinare fenomeni considerati invece "divini" come sono la crisi, il dumping, lo sfruttamento e tutte le loro derivazioni. Ma soprattutto queste proporzioni devono forzatamente aprire un dibattitto politico e mediatico sul concetto di crisi!

L'altro aspetto da mettere in luce riguarda l'entità dell'implicazione svizzera nello scandalo Panama Papers: parliamo di 34mila società offshore facenti capo in qualche modo alla Svizzera: un numero che mondialmente ci mette al secondo posto per "attività". E oltre alla vergogna che i cittadini devono provare nel saperlo, è bene aprire un'altra discussione seria su un altro fenomeno apparentemente divino, e cioè il "miracolo economico", svizzero e anche ticinese di cui PLR e consorelle ci hanno parlato con orgoglio in questi ultimi anni. E cioè quell'unico e mastodontico investimento fatto di facilitazioni, sgravi fiscali, bonus e affini concessi a banche, fiduciarie e consorelle, di nuovo, per fare indisturbati i loro traffici.

Investimento che naturalmente ha determinato tutta un'altra serie, questa volta, di non investimenti: quelli che sarebbero serviti per non trovarci, alla fine del bengodi finanziario per lo spostamento degli attori verso altri lidi, a dover decretare lo stato di austerità, nel Cantone, ma anche a Lugano, l'epicentro ticinese dell'evasione a norma di legge. E dunque dobbiamo parlare delle responsabilità di un Governo le cui scelte hanno portato ad investire considerevolmente sul settore finanziario e non sul territorio.

Il tema è dunque notare come la nostra economia dipenda in maniera determinante da questi traffici finanziari, sempre più orientati a fare soldi coi soldi, e anzi che la nostra economia sia questi traffici!

Per questo bisogna iniziare a parlare seriamente di come, in un mondo in cui 80 persone possiedono quanto 3.5 miliardi di altre, l'economia vada riformata. Come pure è doveroso affrontare temi come i miliardi di business sulla fabbricazione e sulla esportazione di armi per mantenere attive guerre costantemente e in ogni dove.

E infine è necessario rivedere la politica e il suo senso, e soprattutto è necessario sottrarla a quel rapporto incestuoso e degenerante con l'economia: così da ridare alla politica il suo senso sociale e magari anche per ridare all'economia la sua essenza di strumento e non di ingorda entità a favore di pochi.

Perché poi, come notate nella foto, è facile che la politica diventi il luogo di sostegno e interscambio di tutti questi traffici!






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