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60 ottusi minuti sull’immigrazione



Ottusi: è sempre questo il primo pensiero che mi balza alla mente quando guardo i dibattiti alla tele. Ogni volta mi dico che non si parla mai delle cause dei nostri problemi, ma si sta sempre a dibattere sui sintomi. E così è stato anche ieri sera a 60 minuti, tranne quando a parlare era Gianluca Grossi.

In fondo tutti davano per scontato che il problema dei migranti inizi per noi quando questi appaiono sulle rive: dunque la discussione è, sotto il segno della “solidarietà” e della “sensibilità”, su come e su quanti accoglierne. E i pareri si scontrano tra chi da una parte vuole accogliere chiunque incondizionatamente perché “è giusto farlo”, e tra chi è ben cosciente che il nostro sistema non può essere sovraccaricato.
Beh, sono discussioni piccole e abbastanza senza via d’uscita, perché non hanno soluzione: se non li accogli è facile che muoiano e se li accogli tutti è facile che moriamo noi. E già succede: una statistica recente diceva infatti che parte dei suicidi è dovuto alla crisi. Una crisi causata anche dall’immigrazione: checché ne dica la SECO, negli ultimi anni e soprattutto qui in Ticino quasi tutti i nuovi impieghi sono andati a frontalieri – che sono immigrati pure loro in un certo senso -; ma anche le finanze già precarie del cantone vengono messe a dura prova dai costi dell’accoglienza dei profughi, causando poi tagli che spesso ricadono nel sociale.
E allora dove è il tema? Il tema è dove sta l’anima: sotterrata in fondo alle tonnellate di merda che un chilo al giorno le cachiamo sopra. L’anima in cui sta la considerazione di Gianluca Grossi, per esempio, che giustamente chiedeva come possiamo accettare le condizioni in cui i migrati fuggono dai loro Paesi? E cioè come facciamo a ignorare che il profugo, per arrivare qui, finisce in mano agli scafisti della malavita rischiando la vita e spesso perdendola; viaggiando in condizioni disumane poi…
E qui, qui, nessuno voleva entrare in argomento: Gobbi rispondeva sempre con lunghi monologhi costruiti ad hoc per sfuggire dalla questione, e la povera Carobbio pure evitava la questione per non capire che il buonismo degli “accoglienti” è in realtà una meschina, piccola e circoscritta bozza di subcoscienza, ma nulla più.
E allora 60 minuti avrebbe dovuto esplodere e avrebbero dovuto parlare del grande business sul trasporto dei migranti che viene tollerato, se non incoraggiato e “assistito”, da tutti gli Stati. Avrebbero dovuto parlare delle razzie che da anni i Paesi “civilizzati” mettono in atto verso quelli più poveri, costringendo il popolo all’emigrazione. Avrebbero dovuto parlare del nostro 14esimo posto mondiale come esportatori di armi. Avrebbero dovuto parlare di quelle guerre sempre in atto che nascono da scuse e proseguono grazie alle sovvenzioni delle superpotenze ai vari gruppi di ribelli e di invasati locali…
E allora la posizione dell’Europa rispetto ai migranti dovrebbe essere una grande e compatta pressione per finire le guerre e soprattutto per aiutare i profughi partendo dal loro Paese, così da smantellare il business mefistofelico della tratta di esseri umani (e non solo), e soprattutto per uscire dalla visione infernale per cui “se sopravvivono al viaggio, allora li aiutiamo”.
E di mio penso che non sia utopico chiedere alla nostra anima di uscire dai piccoli ragionamenti ottusi e opportunistici per affrontare il mondo grande com’è e non grande fin dove noi vogliamo vederlo. Anzi: a mio avviso dobbiamo farlo e pure in fretta!






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