Abbiamo un tema sul piatto a mio avviso molto importante,
soprattutto in questo particolare momento: il divieto di portare il burqa nei
luoghi pubblici. Ho letto del mega milionario Nekkaz, il quale si offre di
pagare la multa per tutte le donne che infrangeranno il divieto; e ho letto di
Ghiringhelli, che in una lettera a LiberaTV si chiede se il gesto non sia un’istigazione
a delinquere. Poi ho letto anche qualche commento su Internet…
Ebbene? Ebbene credo che sia nostro compito dedicare un
po’ di tempo a capire la faccenda, giusto per evitare altri elementi
potenzialmente dannosi alla pace tra le culture, soprattutto adesso che una
parte intollerante di una sta rendendo specularmente intollerante anche una
parte dell’altra. Certo: perché il nostro cervello, a mio avviso erroneamente,
pensa subito all’Islam e alla loro usanza di mandare in giro le donne vestite
come Barbamamma, ma anche, quell’immagine, rimanda ai morti per mano di
estremisti islamici, cosa che aumenta ulteriormente la nostra diffidenza verso
la cultura musulmana. Ed ecco che il discorso, infatti, finisce a parlare di
discriminazione e inevitabilmente non riesce a lasciar fuori la religione dai
ragionamenti. Certo: perché a mio avviso la questione non è religiosa, ma
razionale: il divieto di coprire il volto è legato a questioni di sicurezza e non di religioni: entrate in una banca con un casco...
E infatti, senza parlare di religioni,
mi viene da dire che sotto a quegli ampi e comodi vestitini ci puoi far stare
una pistola, un mitra, qualche bomba a mano, una cintura esplosiva e forse
anche una testata nucleare. Ma ancora di più, sotto al vestitino, ci puoi far
stare chiunque. E con chiunque intendo anche un non musulmano: ecco perché se
noi il “divieto di portare il burqa” lo definiamo in un altro modo, e cioè nel “divieto
di coprire il viso in luoghi pubblici”, capiamo che né le religioni né le
culture c’entrano qualcosa.
Dunque di mio non capisco perché il milionario non voglia
capire che il problema è semplicemente legato alla sicurezza, esattamente come
per un motociclista che deve togliere il casco per andare in banca, e soprattutto è legato a una sicurezza messa in discussione
proprio da una degenerazione della cultura che il milionario rappresenta!
Dunque, di mio, purtroppo, non posso fare a meno di notare che il problema è
visto dal tizio in maniera culturale e religiosa, e soprattutto non posso fare
a meno di notare che da parte dei musulmani, praticamente sempre il problema è
visto da un punto di vista culturale e religioso, rendendo sempre impossibile
qualsiasi razionale comprensione e risoluzione del problema.
Perché alla fine, anche se su facebook ho visto gente
commentare Ghiringhelli con un “non svegliare il can che dorme”, di mio ragiono
di nuovo in maniera facile e mi dico che qui da noi c’è una legge, e che
qualcuno si offre di pagare la multa per chi la infrange. E questo ragionamento
deve essere fatto a prescindere dal contenuto della legge: così da poter capire
davvero che in pratica si tratta di istigazione a delinquere. Esattamente come
pagare le multe di chi supera i limiti di velocità, imbratta i muri o, per esempio,
insulta!
No, ma vi immaginate se qualcuno decidesse di pagare
tutte le multe a chi insulta i politici?! Non so, ma penso che io e Corrado
Mordasini (il più querelato dei ticinesi!) in due giorni di impegno ridurremmo
sul lastrico anche Paperone…
Ma questo ci permette di evidenziare un’altra
contraddizione: quella per cui il mondo musulmano, e il milionario in
questione, non si rendono conto che la situazione in cui ci troviamo è stata
causata da una degenerazione della loro cultura, e che venire qui a sfidare le
leggi di uno Stato io la leggo come una immensa provocazione. Soprattutto
quando la loro prima preoccupazione dovrebbe essere una campagna di
informazione a tappeto e attiva all'interno della loro cultura per evitare che molti di
loro abbraccino la visione estremista!
Anzi, il divieto di burqa dovrebbe essere commentato dal
nostro milionario così: “Per colpa di alcuni estremisti, la nostra cultura si
sta giocando molte libertà, per colpa di alcuni nostri estremisti”.
Eppoi c’è ancora un altro discorso, sempre non religioso:
qualsiasi psicologo o antropologo può spiegare molto bene quanto nella
comunicazione il viso sia importante, anzi determinante: noi non comunichiamo
solamente con la voce, ma il viso, dotato dalla natura di una infinità di
specifici muscoli proprio per potersi conformare in centinaia di modi diversi,
è un elemento fondamentale per comunicarci all’altro. Dunque coprire questo
importante strumento “sociale” è il segno della volontà di non voler
comunicare, o almeno di non volerlo fare con tutti i mezzi che il nostro corpo
ci dà.
E infine, naturalmente, bisognerebbe prima o poi iniziare
a considerare le nostre culture e soprattutto le nostre religioni tutte come un
ponte tra un uomo nato nelle caverne e quello del futuro. Un uomo che
attraverso la storia ha imparato che i tuoni non sono l’ira di Dio, come
nemmeno i terremoti e pure le siccità non sono l’ira di Dio; di quel Dio di cui
l'uomo ha necessariamente avuto bisogno per confrontarsi con un mondo immenso e
sconosciuto... per un cavernicolo.
Ma oggi questi costumi è ora di iniziare a toglierseli,
perché quelli sono certo i costumi regalatici dai nostri Dei, ma da quegli Dei
che abbiamo inventato noi, noi umani troppo umani.
È questo il “Crepuscolo degli Dei”: vedere un sacerdote e
chiedersi come mai abbia lo stesso vestito di Robin, il collega di Batman, e
anche vedere una donna col burqa e pensare subito a Belfagor, il fantasma dell’opera,
o a Barbamamma. E così per tutti gli altri costumi che in nome di un Dio
incompleto (denaro e fama compresi) portiamo per avere un senso. Ma il senso è la vita: siamo noi, non
Dio.
Questa è l’evoluzione: superare noi stessi, quell’ammasso
di cuori e di menti incancrenite dall’infinito ripetere delle incomplete e
vecchie storie raccontateci dai nostri Dei, dai nostri Dei umani, troppo umani. Forse anche Dio sta oltre i nostri Dei, e forse anche l'Uomo sta oltre i nostri uomini...
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