Quella che vedete nella foto è la ridente città di
Pechino, salita agli onori della cronaca proprio in questi giorni per i livelli
di inquinamento dell’aria raggiunti, tanto che è stato decretato l’allarme
rosso.
E suppongo che lo abbiano fatto solo oggi perché evidentemente fino a settimana
scorsa la ridente località doveva guardar fuori come una di quelle belle
cartoline di St. Moritz, con il cielo limpido e la neve scintillante. Ma poi,
qualche giorno fa, qualcosa ha ridotto di botto il cielo come lo vedete nella
foto, e allora, giustamente, si è dovuto reagire decretando appunto l’allarme
rosso. O no?
Ma evidentemente no! Sono infatti anni che città come Pechino,
Tokyo e molte altre si presentano in condizioni molto simili a quella che
vedete: la gente esce con la mascherina e, come dicevano ieri i pechinesi a un
servizio della RSI, dopo un’ora iniziano a tossire e sentono “qualcosa” ai
polmoni.
E guardando queste cose non solo ci si chiede come mai l’allarme
rosso non sia mondiale, ma ci si deve chiedere perché riguardo all’inquinamento
ancora si parli di sfide future?! Quell’aria infatti è la stessa che poi si
diluisce nell’atmosfera di tutti e che piano piano trasformerà anche il resto
del mondo nella desolante immagine che vedete. Certo: perché all’aria non
gliene frega niente delle frontiere, e libera come… l’aria se ne va a spasso
per tutto il pianeta!
Esattamente come fa l’aria della Pianura padana, zeppa di
polveri fini e di altre porcherie, che dopo aver causato più di 80mila casi di
morte prematura in Italia se ne va in giro per il globo ad aiutare le altre
arie simili, così da poter causare un altro mezzo milione di decessi prematuri in
Europa e circa 7 milioni l’anno in tutto il mondo. Ma non è un problema: è una “sfida
futura”!
E anche noi, che un po’ per la fantastica pianificazione
del Sottoceneri e un po’ perché l’aria della Pianura padana non sottostà al
controllo del casellario in dogana, ci troviamo con la nostra appendice più a
sud messa male, con l’aria inquinata e con l’allarme dei medici che parlano di
un aumento delle malattie respiratorie. E cazzo, andando avanti così finirà che
dovranno utilizzare misure risolutive come mettere l’80 all’ora in autostrada!
E così si può andare avanti all’infinito, parlando di
uscita dal nucleare (altra “sfida futura”) o di uscita dagli allevamenti
intensivi (sempre sotto la categoria delle “sfide future”), come pure si
potrebbe parlare delle sempre “sfide future” che riguardano la riforma della
nostra ridente e prosperosa economia…
E forse hanno ragione a parlare di sfide future, perché
la sfida del presente è quella di aprire le nostre scatole craniche, guardarci
dentro e vedere se c’è ancora qualcosa che si muove e provare a far passare al
semi cadavere che ci troveremo dentro concetti elementari come quelli di
sistemi finiti, di sviluppo sostenibile, fisico e mentale soprattutto, o addirittura
considerazioni basilari come quella che si può fare per Pechino, e cioè che
raggruppare 15 milioni di persone in un solo luogo è un’idea del cazzo.
Personalmente so bene dove sta il problema: sta in ognuno
di noi, che ogni mattina ci alziamo e assumiamo questo mondo e lo viviamo,
sentendoci senza colpe perché… perché in un mondo così ci vuole un secondo per
trovare almeno dieci persone o entità contro cui puntare il dito e che di colpe
ne hanno più di noi. Dunque, in fondo, ci sentiamo di fare già il possibile per
non peggiorare il mondo. Però quel “possibile” magari lo facciamo con un iPhone
in mano – quello costruito nella fabbrica dei suicidi – mentre usiamo l’auto invece
delle gambe per fare due chilometri o mentre facciamo la spesa in un
supermercato di qualche multinazionale e non in un negozietto di paese. Oppure
ci sentiamo di fare la nostra parte votando questo o quello: uno dei tantissimi
questo o quello che da anni ci parla di sfide future, ma che se avessimo occhi
neutri per guardare e per renderci conto del presente in cui viviamo lo
crocifiggeremmo. Anzi, li crocifiggeremmo entrambi: e questo e quello!
Come se ne esce? Alzandosi un giorno tutti insieme e dicendosi
in coro: “Il problema sono io!”. Ma anche questa sembra, per ognuno di noi, una
“sfida futura”…
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