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CASSA MALATI UNICA - pubblico o privato?

Proseguiamo il nostro cammino verso una cassa malati unica e pubblica... L'ultima volta, con "Introduzione alla cassa malati unica", avevo azzardato l'ipotesi che questa votazione non riguarderà solamente una riforma della sanità, ma potrebbe essere un primo passo verso la riconquista dei propri diritti su un'economia arrivata al punto di fare business con la nostra salute. E allora facciamo un passo avanti e affrontiamo il primo grande tema sul tavolo: pubblico o privato? E qui, ancora prima di prendere in mano la calcolatrice e mettersi a ricalcolare i premi, deve essere chiara una cosa: il passaggio dalle casse malati private a quella pubblica implica la totale cancellazione di tutte le spese legate al marketing, alla promozione, alla pubblicità, alle sponsorizzazioni, come pure leva completamente lo scopo ultimo di qualsiasi azienda privata, e cioè quello di fare utili! Ma anche sparirebbero 57 consigli di amministrazione composti da manager strapagati. E adesso qualcuno provi a sostenere l'efficienza di un sistema fatto da 57 strutture in concorrenza tra loro e che devono fare utili, per gestire un diritto umano come la salute?! E qui sta lo scacco matto, perché parliamo di miliardi di franchi investiti ogni anno per spot pubblicitari, sondaggi, sostegno a manifestazioni ed eventi, come pure, naturalmente, campagne contro la cassa malati unica! E non solo: eliminando la libera concorrenza sulla salute sparirebbero i broker delle assicurazioni, almeno per quanto riguarda le casse malati. Quindi? Quindi parliamone!


Dunque il tema di questo post è una prima valutazione su una sanità intesa come elemento di business, e dunque consegnata nelle mani del libero mercato, della libera concorrenza e degli utili ad ogni costo, oppure intesa come diritto umano, dunque di competenza di quella cooperativa di cittadini che dovrebbe tornare a essere il nostro Stato. E personalmente non ho nessuna difficoltà a rispondermi che la salute debba stare alla larga dal business, perché il business si fa sugli extra e non sulle fondamenta della vita.
E questo a livello filosofico, perché non mancano schiaccianti elementi a favore di una cassa unica e pubblica anche a livello pratico. Il primo è ciò di cui parlavamo prima, e cioè la sparizione del marketing e di tutto quanto sia legato alla pubblicità, alla promozione e via dicendo. Poi sparirebbe l'obbiettivo degli utili, gli azionisti da pagare e i mastodontici consigli d'amministrazione formati da manager stratosfericamente pagati. Inoltre sparirebbe dall'economia una discreta fetta di parassiti, e cioè gli assicuratori impegnati tutto l'anno a far cambiare assicurazione ai propri assistiti solo per prendere le commissioni.
Ma non è tutto: questo enorme giochino deve anche essere gestito praticamente. E di nuovo voglio vedere qualcuno sostenere una maggiore efficienza nel gestire 57 sistemi informatici separati per fare la stessa cosa! Insomma: tutto quanto elencato finora è traducibile in miliardi di franchi l'anno di risparmio. Miliardi!
E non basta ancora, perché una cassa malati unica permetterebbe di avere sotto controllo in maniera molto precisa il panorama svizzero per quanto riguarda la salute: sarebbero chiare tendenze e squilibri, ma sarebbe anche più facile limitare eventuali truffe: con 57 casse malati è facile "spargere" un'attività illecita...
Ma non ci fermiamo ancora: raggruppando in un solo database la nostra sanità, tutte le università e i centri di ricerca avranno la possibilità di accedere a statistiche enormi e precise. Come pure questi dati saranno chiari e accessibili al nostro Governo, così da poter stilare preventivi attendibili e soprattuto tenere sotto controllo costante i costi della salute e la loro evoluzione.
Perciò, queste sono le domande! Niente marketing, niente super manager, niente utili ad ogni costo, niente broker delle casse malati, una sola struttura tecnica e non 57 e un database unico da usare come strumento di ricerca da parte di università e ospedali e come strumento di pianificazione per il nostro Governo!
Beh, che cosa risponde chi sostiene le strutture private?







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