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Piggyback dei Chapman è una cagata pazzesca!

Ci sono cose di cui non dovremmo parlare, ma per farlo, ancora prima, ci sono cose che non dovrebbero esistere. Come ad esempio la scultura Piggyback dei Chapman e il dibattitto sul confine tra arte e squallore che ne è seguito. Personalmente - e lo dico avendo avuto la fortuna d'aver incontrato e d'aver passato del tempo con alcuni artisti di indubbio valore, soprattutto nel campo della musica - ritengo che non ci debba essere una discussione sul confine tra arte e volgarità, o arte e squallore, appunto, o tra l'arte e qualsiasi rappresentazione capace di contorcere l'anima piuttosto che scuoterla per aprirsi! Non ci deve essere perché i due mondi non devono nemmeno stare vicini: tra l'arte e queste cose non ci dev'essere una linea di confine, ma l'infinito! Su Facebook qualcuno ha paragonato questo obbrobrio offensivo all'Urlo di Munch, e lo uso come esempio, proprio perché qui, lo dico da socialista, non ci sono argomenti di discussione: una scultura con due bambine nude, tra cui una con un pene che le esce dalla bocca ed entrambe con le scarpe della Nike non è arte, non è critica sociale, non è apertura di pensiero, non è bellezza, non è invito all'amore, non è nulla che possa essere considerato arte! Per gli stessi motivi, ritengo, si sia commesso un errore plateale nell'assegnare un Oscar a La Grande Bellezza: perché Fellini semmai rappresentava un presente, mentre qui si insiste su un revival che è già passato. Il Bilionaire a Porto Cervo e quel tipo di vita è esattamente come i capelli di Berlusconi: caduti da un pezzo e disegnati col gesso...


Ma parliamo di questa fantastica meraviglia, nell'occhio del ciclone perché l'Osservatorio sui Diritti dei Minori ha chiesto di levarla dal Maxxi. E ha fatto bene: perché qui gli pseudo artisti ci vedono una pesante critica sociale, ma la vedono mentre si stanno facendo sodomizzare con uno strap-on da una lottatrice di wrestling incazzata, mentre bevono champagne, tirano cocaina e inneggiano le depravazioni dei grandi artisti, ma poco le loro opere. La verità, come in molte arti, è che qui siamo di fronte o a un furbastro, o a un tipo gravemente disturbato, ma in entrambi i casi, né il tizio né le sue manifestazioni dovrebbero entrare in contatto con il grande pubblico.
Queste cose mi ricordano molto gli anni '80 nella musica. Fino a metà degli anni '70, anche se la catastrofe era già evidente dietro alla porta, gli artisti erano impegnati a parlare di sentimenti, oppure a denunciare ingiustizie o a criticare alcune scelte politiche e militari. Ma dagli anni '80 in avanti il valore di un artista e soprattutto il valore del proprio contenuto è completamente stato sostituito dal valore dell'immagine che i pubblicitari riuscivano a costruirci attorno. 
Ricordo fenomeni come Dan Arrow (Daniele Freccia o Denaro a seconda se ci si vuole sentire stupidi o fessi): un figaccione che non scriveva canzoni, non le cantava, ma saliva sul palco in playback, muoveva la bocca, e in studio di registrazione ci andava un cantante vero. E vendeva milioni di dischi, naturalmente, perché il pubblico è per il 15% razionale e per l'85% emotivo. Dunque di fronte al sesso, alle fighe e ai fighi, ai soldi, al grande, al forte e al tanto noi reagiamo come un branco di piranha con un chihuahua che fa il bagnetto nel fiume! Solo che loro, divorando il chihuahua campano, noi invece, divorando quella merda, moriamo, lentamente moriamo...
Davvero: non dobbiamo farci spaventare dall'arte! Non è quella cosa per intellettuali, che capiscono solo loro. L'arte deve essere proprio il contrario: deve essere un messaggio che passa chiaramente, soprattutto per quanto riguarda la scultura, la pittura e la musica. Poi il significato si può estendere su infiniti, dettagliati e complessissimi layer. Ma il gesto artistico migliore è quello che riesce a essere comprensibile da tutti. Ma non solo comprensibile: l'arte deve essere apertura; deve essere un invito, anche violento, all'apertura. Ma, l'ho ripetuto apposta, deve essere apertura e non chiusura: questa scultura non ha ancora raggiunto il gesto artistico; semplicemente rappresenta il dissidio dal quale il gesto dovrebbe nascere, perché l'artista è quello capace di distillare i dissidio, in questo caso, e di trasformarlo in gesto.
E proprio perché in Facebook qualcuno ha osato paragonare questa cagata all'Urlo di Munch, io ve lo faccio vedere, l'Urlo, e vi chiedo se la vostra anima prova le stesse sensazioni che l'hanno pervasa quando si è confrontata con Piggyback degli Uomini chiappe (Chapman)! Il messaggio che vorrei far passare è che il modo migliore per capire se una cosa sia arte, non è quello di chiederlo a un critico, e spesso nemmeno chiederlo a un artista è buona cosa: meglio chiederlo alla propria anima!
Guardate l'Urlo, guardate Piggyback; poi riguardate l'Urlo e poi ancora Piggyback... E fatelo un po' di volte, con calma. Ecco: io mi auguro che tutti abbiate sentito dalla vostra anima, nel guardare Piggyback, un grande Urlo!








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