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Caro Presidente Bertoli, ma che cavolo stai dicendo?

Ho pensato molto mentre scrivevo questo pezzo. Ho seguitato a riflettere se continuare a lasciar fluire quel generoso getto di pensieri scaturito nel confrontarmi con il discorso di Manuele Bertoli per il primo d'agosto, oppure no. Il discorso del presidente del Consiglio di Stato ticinese, l'uomo che più di tutti, a mio avviso, debba avere sott'occhio e in maniera chiara lo stato del nostro territorio e della gente che ci vive. Leggendo e rileggendo non ho trovato granché di queste due cose, ma in compenso vi ho trovato un sacco di affermazioni che mi hanno ferito, in quanto cittadino di un Cantone in netta difficoltà, con un'economia da riprendere in mano, invasa da modelli di sfruttamento del territorio e delle persone che nemmeno in Cina ce l'hanno (e forse è per questo che stiamo aprendo relazioni con loro...). Ma oltre a non veder scritta nemmeno una riga di tutti quei problemi legati a una grossa fetta della popolazione ticinese, qui bellamente ignorata, trovo oltraggioso alla mia intelligenza, e spero non solo alla mia, cercare di convincermi d'aver votato sbagliato il 9 febbraio! Conducendo un discorso disonesto e mirato a guardare lì e non là, a ingrandire qui e rimpiccolire là, il tutto facendoci uscire come poveri ignoranti, condizionati solo dalla grandezza delle campagne messe in atto per le votazioni e non dai loro contenuti; poi razzisti, piccoli, impauriti e chiusi su noi stessi! Grazie! E il tutto non affrontando nemmeno di striscio le cause di questa situazione. Quindi ho fatto questo: ho preso il discorso di Bertoli esattamente come lo ha scritto e ci ho aggiunto, in corsivo, ciò che ha pensato per dire cose simili. È lungo e non è facile cogliere tutto al primo colpo. Ma vi invito ad impegnarvici un po', perché parliamo del nostro Ticino e del presidente del Consiglio di Stato che parla di noi e del nostro territorio. Io da cittadino mi sono preoccupato e ho reagito. Ma mi piacerebbe che questo aprisse una discussione, per capire se c'è materia o se sono io che mi sogno le cose di notte. Vedremo...




Allocuzione del primo agosto 2014 a Locarno

Gentile signora Sindaco, egregi municipali

Gentili signore ed egregi signori,

è per me un grande onore potervi presentare qualche riflessione in occasione della Festa nazionale, occasione per la quale ringrazio di cuore il Municipio della città. Affinché questo piacevole momento di incontro risulti tale, vi prometto di non rubarvi troppo tempo e di concentrare le mie riflessioni su tre elementi: il significato della festa nazionale, lo stato attuale dei valori veicolati da questo rito e le prospettive del nostro Paese nel contesto internazionale.

Limito subito il mio intervento a questi elementi perché so bene quanto l'arte di un discorso politico non sia tanto quello di sviluppare gli argomenti portati, quanto piuttosto la maniera per evitare di toccarne e di approfondirne altri. Lo metto giù anche un po' difficile, articolato e noioso, così che in pochi abbiano voglia di ascoltarlo davvero e magari di pensarci anche su.

Comunque la mia tattica sarà questa: evocherò valori così elementarmente corretti e indiscutibili che quando li applicherò agli esempi sbagliati voi non vi accorgerete, proprio perché l'indiscutibilità del valore si estenderà anche all'esempio: non è colpa mia se il nostro cervello funziona così!
Quindi adesso seguite con attenzione come arriverò a farvi incollare a questi valori incrollabili, e soprattutto a come riuscirò a farvi credere che siano gli stessi per i quali mi batto. Invece vedrete dopo che mi servirà solo per farvi sentire razzisti e per sparare su Lega e UDC che non hanno voluto, insieme a voi cattivoni del popolo, i minareti qui in Svizzera. E non vi dirò naturalmente che hanno fatto bene, perché sono migliaia di anni che le religioni litigano tra loro, fanno morti e non riescono in nessun modo a mettersi d'accordo. Ragione per cui l'idea di favorire l'espansione anche in Svizzera di un'altra religione, avrebbe voluto dire prima o poi arrivare a grandi scontri. Mentre invece dovrei dirvi che pure le chiese dovremmo vietarle in Svizzera, perché stanno a rappresentare le migliaia di anni di abusi su persone e domini politici in nome di un Dio che nessuno ha mai visto, e che se fosse grande un decimo di quel che narrano non avrebbe bisogno della Chiesa per venire a dirci di fare i bravi. Per cui se esiste un Dio, non è di sicuro quello della Chiesa! Potrei anche dirvi che la logica stessa distrugge la Chiesa in quanto concetto: se quella fosse la casa di Dio, nessun abuso sarebbe mai stato commesso. Dovrei dunque dirvi che l'uomo è meglio che faccia l'uomo e non il Dio, perché poi succede che troppi non sono capaci di farlo: però la gente si fida, e tanti bambini oggi e forse di più in passato hanno la vita compromessa per colpa dei servitori di Dio. Per colpa della religione. Per colpa delle religioni. Ma questo, forse, ve lo dirò tra qualche anno. Quindi, adesso, spegnete il cervello e venitemi dietro!

L’ho già ricordato negli scorsi anni in altre occasioni come questa, ma è necessario farlo anche qui, seppur sommariamente e in breve. Il 1° agosto 1291 i rappresentanti dei primi Cantoni elvetici siglarono un patto di reciproco aiuto che marcò la volontà di indipendenza dalla dominazione austriaca e che segnò il principio del reciproco riconoscimento. A questi primi popoli man mano nel tempo se ne aggiunsero molti altri, anche di lingue e culture diverse tra loro, gettando le basi della Svizzera multiculturale. Nei secoli l’alleanza è cresciuta ed ha saputo affrontare conflitti interni a carattere religioso, ha fatto proprio il concetto della neutralità dopo l’esperienza napoleonica e, nel 1848 prima e nel 1874 poi, ha saputo costruire lo stato federale che conosciamo, fondato sui principi iniziali appena evocati ai quali andava ad aggiungersi il riconoscimento fondamentale della democrazia.

Sono quindi l’indipendenza e la libertà, la multiculturalità, la convivenza tra credi religiosi diversi, il rispetto per gli altri, la solidarietà e la democrazia i valori che festeggiamo oggi, quelli che la nostra storia ci insegna e che i nostri predecessori hanno saputo e voluto costruire attorno al concetto di Paese.

Bene: e ora che tutti starete lì ad annuire sulla bontà di questi valori, fieri di essere svizzeri e di stare dalla parte dei buoni, adesso vi dico che non è vero: che qualcuno non fa il bravo. Ma non vi dico subito chi è: prima faccio la domanda balossa cosicché la vostra indignazione nasca, poi rincaro la dose affinché possa anche crescere. Ascoltate che bravo...

Sono valori attuali, onorati, rispettati e fatti propri dagli Elvezi del terzo millennio o sono principi da evocare solo in circostanze come questa? La domanda è tutt’altro che scontata e la risposta è piuttosto multiforme.

A mio parere vale innanzi tutto la pena di dividere questi valori nazionali in tre categorie.

La prima, quella che oggi fa riferimento ai diritti fondamentali degli individui, comprende il rispetto della diversità culturale, della diversità religiosa, della libertà personale ed oggi propone una visione largamente riconosciuta da numerosi Paesi nonché da documenti fondamentali come la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 o la Convenzione europea dei diritti dell’uomo del 1950. Possiamo dire che il rispetto di questi principi non è una specificità svizzera, ma che per la Svizzera essi risultano particolarmente importanti se messi in relazione con la propria realtà multiculturale, multireligiosa, composita anche dal profilo degli stili di vita delle persone, delle famiglie, delle scelte individuali.

Adesso siete belli caldi, perché nella vostra mente esiste solo l'immagine di Cindy Lauper, Michael Jackson e compagni che, a manina, cantano ispirati "We are the World". Quindi mi guardo bene dal farvi discorsi doverosi come la totale assenza qui di un piano atto all'integrazione delle "diversità culturali" e a una discussione legata ad essa. Già portare un esempio come quello sotto - in cui in gioco c'è un'assurdità come l'integrazione tra due religioni capaci di fare più vittime nella storia di tutte le altre calamità insieme - non è certo il migliore che potevo portare, ma mettere Dio nelle questioni di principio è, come si dice in psicologia, un rinforzo positivo. Poi il tutto, come dicevo prima, mi serve per dare tra le righe dei razzisti a Lega e UDC, perché sono ben conscio che la campagna elettorale sia già iniziata! Dunque potete scordarvi qualsiasi tipo di oggettività da parte, anche, del presidente del Consiglio di Stato. Ecco quindi la stoccata tra le righe...

Eppure alcuni nel nostro Paese faticano a riconoscere agli altri queste libertà fino in fondo, nascondendo questo spirito contrario ai valori elvetici proprio dietro al richiamo alle presunte radici della Svizzera. Il richiamo alla cristianità elvetica, ad esempio, è arrivato fino ad impedire agli islamici di costruire minareti, decisione avallata pochi anni or sono anche dal popolo e dai Cantoni, scelta senza dubbio democratica, ma nel contempo antitetica rispetto alla pace religiosa tipica del nostro Paese. Un atto poco più che simbolico dal profilo della portata pratica, che tuttavia non può non interrogare chi davvero crede nel rispetto dell’altro, anche in questo particolare campo.

E questa mi è scappata, perché se qualcuno ci ripensasse dopo, quando chiederò al 70% dei votanti di rivotare il contrario di quanto farro il 9 febbraio, sarà un grande tirarmi la zappa sui piedi, soprattutto avendo scritto qualche riga prima che alcuni "faticano a riconoscere agli altri queste libertà fino in fondo", come appunto la liberà di pensiero, di opinione e la democrazia. Però vi frego mettendo qualche riga in cui riconoscerò che la multiculturalità possa presentare anche qualche problema, ma mi guarderò bene dal dire quali, dall'approfondire l'argomento e soprattutto dal mettere l'accento sul fatto che proprio in un Paese così multiculturale come ho ripetuto fino alla nausea, non ci sia alcun piano di integrazione, di discussione e di convivenza tra le culture. Ma state a vedere come sono bravo a far passare le Alpi per un mucchietto di terra...

E pure il vissuto della multiculturalità presenta qualche problema, non tanto se riferito alla multiculturalità originaria della Svizzera, quella delle quattro regioni linguistiche germanofona, romanda, italiana e romancia, quanto piuttosto se riferito alla complessità di culture che convivono o tentano di convivere nel nostro Paese a seguito dei diversi fenomeni di immigrazione che si sono succeduti nel corso degli ultimi decenni.

Ma avete visto che ganzo? Metto lì un favoloso titolo per una bella e necessaria dissertazione sul tema, ma poi guardate come saltello altrove... Però adesso è difficile, perché devo riuscire a convincervi che non è bene interferire troppo con le faccende dello Stato. Sapete, qui il popolo dice la sua anche dieci volte l'anno, mentre sapete bene che in una famiglia modello in cui l'uomo comanda, la moglie, la sua, la può dire non più di una o due. Ma cominciamo a mettere lì la premessa. Poi vediamo...

Nella seconda categoria metterei invece l’attenzione per la democrazia, che certamente costituisce un elemento che connota particolarmente la Svizzera. Siamo senza dubbio uno dei popoli che si esprime maggiormente con votazioni popolari, mediamente su una decina di oggetti all’anno a livello federale oltre che su numerosi oggetti cantonali e locali, lasciando che sia l’intera cittadinanza a decidere delle questioni politiche più importanti.

Ma adesso arriva il momento cruciale: voglio far passare l'idea che molti messaggi siano passati più forti di altri per via dei grossi finanziamenti delle lobby alle varie campagne. Quindi devo riuscire a farvi credere che voi non siate in grado di capire un concetto se lo vedete poche volte in giro, mentre se questo concetto viene ripetuto tante volte e scritto in grande allora lo capire e lo votate. Capite? Devo dirvi che voi funzionate a quantità e grandezza e non assolutamente a contenuti. Eh, sì: certo che vi sto dando degli idioti! Ma è alla base del pensiero politico: noi politici abbiamo l'indistruttibile convinzione di saperla più lunga di voi. E questo perché non abbiamo mai pensato ad esempio che, in Ticino, 350mila persone possano avere più idee e magari anche migliori rispetto a noi cinque consiglieri di Stato. Quindi, ora, concentratevi e pensate di essere criceti che reagiscono al tanto e al grande e lasciatevi condurre a puntare il dito contro le lobby!

Un valore del quale senz’altro andare fieri, ma che non può nascondere alcune insidie o pecche del sistema che potrebbero anche metterlo in crisi. Mi riferisco all’uso sempre più marcato dei diritti popolari per operazioni dal sapore più propagandistico che teso a portare davanti al popolo questioni politiche rilevanti, fattore che mina il sistema alle sue radici tradendone sostanzialmente gli obiettivi. Mi riferisco al pesante influsso della disponibilità di denaro per le campagne di votazione, questione sulla quale la Svizzera della democrazia diretta è sorprendentemente insensibile, non disponendo in sostanza di alcuna regola in materia di par condicio, elemento che del resto si ritrova nella quotidianità parlamentare, influenzata pesantemente dalle lobby fortemente organizzate senza alcun ritegno. Una correzione di questi due aspetti, a mio modo di vedere rilevanti, si impone, per salvaguardare questo vero e proprio patrimonio nazionale.

E anche qui, senza lasciarvi più di cinque secondi per pensare alla stupidata che ho detto, passo subito alla terza categoria: l'indipendenza nazionale. Ma di nuovo mi è venuta male: devo andare meno a braccio la prossima volta...
Infatti c'è un tema spinoso, anzi rognoso: la verità è che la politica svizzera attuale non ha neanche minimamente l'abilità per ottenere la messa in discussione dei rapporti bilaterali con l'Europa e dunque affermare un'indipendenza nazionale soprattutto da un'UE di cui non facciamo parte (che poveri...). Cioè di applicare il voto popolare del 9 fabbraio. Quindi l'idea è di farvi rivotare giusto. Innanzi tutto sfrutterò il pessimo nome dato all'iniziativa "contro l'immigrazione di massa". Questo perché appunto fa pensare al razzismo e il razzismo, abbiamo detto, non è bene. Potrei dirvi che il 70% della popolazione ticinese che ha sostenuto l'iniziativa non lo ha certo fatto per razzismo, ma per il totale degrado del mondo del lavoro. Però, cercherò ugualmente di trasformare questo degrado e questa situazione di sfruttamento da parte dell'economia proprio degli accordi bilaterali, in un concetto di indipendenza nazionale basato sul "far valere i nostri legittimi interessi in armonia con le altrettanto legittime aspirazioni degli altri". Come appunto non poter negoziare i bilaterali. Ma introduciamo questa benedetta terza categoria...

Infine nella terza categoria metterei il valore dell’indipendenza nazionale, che oggi si trova al centro del dibattito politico. Per alcuni esso significa sostanzialmente badare ai nostri interessi, primariamente economici, dimenticando tutto il resto, come se non ci dovesse importare di nulla se non è funzionale a vendere qualcosa o a ricavarci del denaro. Per altri, tra i quali anche chi vi parla, questo valore significa invece far valere i nostri legittimi interessi in armonia con le altrettanto legittime aspirazioni degli altri, poiché solo il reciproco riconoscimento porta ad una stabilità vera, durevole e fruttuosa per tutti, principio tra l’altro alla base anche del patto del 1291 tra i popoli dei Cantoni primitivi che ricordiamo proprio oggi.

Sì, il rimando al 1291 è un colpo di patriottismo da maestro: sempre un rinforzo positivo! Ma adesso siamo nel centro del ciclone: gli accordi bilaterali hanno portato al loro sfruttamento da parte dell'economia. Quindi capiamo bene che i nostri problemi non sono i frontalieri, ma le ditte. Quindi giusto sarebbe non puntare il dito sulla libera circolazione, ma sulla libera assunzione. Una libera assunzione che ha portato il Paese in una fase di incertezza, anche pericolosa: l'insediamento delle banche per sfruttare le nostre leggi e applicarle all'evasione fiscale - e la seguente graduale fuga per le restrizioni introdotte - come pure le tante aziende insediate sul territorio per sfruttare condizioni e personale sono stati i motivi principali del voto del 9 febbraio. Problemi che non solo non sono risolti, ma che si amplificheranno vieppiù. Ma io farò finta di niente, darò come presupposto che la via europea sia quella giusta, e che le "incertezze" siano arrivate dopo la messa in discussione degli accordi e non a causa loro. Ma so che ci cascherete, perché a questo punto anche le mosche nella stanza si sono addormentae in volo...

Dopo il voto popolare dello scorso 9 febbraio che, comunque la si veda, ha segnato una significativa rottura con l’Unione europea e con la politica dei trattati bilaterali portata avanti dal nostro Paese dalla fine del secolo scorso, la Svizzera è entrata in una fase di incertezza, da un lato potenzialmente pericolosa, ma dall’altro potenzialmente chiarificatrice. Il Consiglio federale, pur dovendo in ogni caso mettere a punto onestamente e correttamente la proposta di legislazione in applicazione dell’iniziativa popolare cosiddetta “contro l’immigrazione di massa”, a mio parere nello spazio temporale di tre anni concesso dal nuovo testo costituzionale deve anche immaginare di proporre al Paese un voto adeguato a confermare o rivedere la scelta isolazionista fatta da popolo e Cantoni 6 mesi or sono, perché è attorno a questa questione politica che la Svizzera ed il Ticino si giocano un bel pezzo del loro futuro.

Adesso che non vi ho assolutamente dimostrato che il voto del 9 febbraio fosse sbagliato, farò finta invece d'averlo fatto e proseguirò cercando appunto, dato che il voto del 9 era evidentemente immotivato, di proporvi una soluzione: cioè rafforzare i nostri legami con l'Europa. Con la stessa che dopo averci ridotti così, non ci vuole nemmeno ascoltare se ci lamentiamo. Poi parlerò di una Svizzera e di un Ticino dell'innovazione, dell'industria tecnologica, della ricerca e dei servizi di punta: come i capannoni nel Sottoceneri che schiavizzano i frontalieri; le fiduciarie che aprono ditte off shore alle Seychelles e le multinazionali del commercio che comprano gli stabili attraverso le banche, aumentano gli affitti, sfrattano le ditte locali e ci mettono un innovativissimo store; e le 5mila ditte che hanno aperto in 7 anni nel Sottoceneri di cui nessuno, ma compreso, sa cosa facciano e di chi siano. Ovvio dunque che dovremmo semplicemente tutelarci, ridiscutendo giustamente gli accordi bilaterali, che proprio la parola, ridiscutendo, non significa alcuna chiusura. Solo che, come detto, nessuno qui ha la caratura per farsi valere nei confronti dell'Europa, quindi dobbiamo convincere voi a cambiare idea. Ecco come... Ma notate - altro trucchetto psicologico - come inizierò la frase dicendo "La sola strada ragionevole...": dopo mezzo discorso in cui non ho argomentato nessuna delle mie affermazioni, introdurrò lo scontato che malgrado lo sforzo fatto fino a ora per cercare alternative, resta solo quella. Sono ganzo!

La sola strada ragionevole per evitare di ritrovarci i ponti tagliati con il mondo, per non chiuderci socialmente e culturalmente, per mantenere aperte le relazioni con i nostri mercati naturali, la sola strada possibile per uno sviluppo effettivo del nostro Paese e del nostro Cantone, che per questo obiettivo ha ed avrà ancor più in futuro bisogno di connessioni stabili con quel che sta fuori dal nostro territorio, rimane quella di relazioni solide con l’Unione europea. Se immaginiamo una Svizzera ed un Ticino dell’innovazione, dell’industria tecnologica, della ricerca, dei servizi di punta, dobbiamo renderci conto che tutto questo può essere sviluppato solo in un contesto di internazionalità del nostro Paese e non ha futuro in una Svizzera isolata.

E adesso di nuovo: introduco ancora nelle vostre testoline, sempre senza argomentare nulla, che la nuova votazione ci sarà. E parto anche dal presupposto che non debba essere la stessa del 9 febbraio! Il tutto senza discussione, sperando ad esempio che nessuno abbia letto l'ultimo articolo di una persona preparata e intelligente come Alfonso Tour dove invitava appunto a fare attenzione al trabocchetto che vi sto tendendo ora. Quindi non cliccate qui e non leggete quell'articolo, sennò faccio la figura del tipo un po' troppo convinto della giustezza delle proprie idee.
Sarà mia premura, sempre senza argomentare, convincervi di votare l'opposto e di non occuparvi di eventuali misure accompagnatorie, perché racchiuderò in un "purtroppo molto limitato" il potere dei Cantoni riguardo a queste misure. Così da non farvi accorgere che il potere limitato dei Cantoni è in realtà, nel nostro caso, l'incapacità del governo ticinese. Ma leggete...

Affinché la nuova scelta popolare non riproduca il risultato del 9 febbraio è tuttavia necessario che essa sia accompagnata da vigorose riforme interne inerenti al mercato del lavoro e al mercato dell’alloggio, atte a ridurre gli effetti non voluti della libera circolazione delle persone. Si tratta quasi essenzialmente di riforme possibili solo sul piano nazionale per le quali il margine di manovra dei Cantoni è purtroppo molto limitato. Si tratta anche di scelte politiche che a tutt’oggi non godono del sostegno di una maggioranza (salari minimi legali, convenzioni collettive di lavoro facilitate, controllo delle pigioni ecc.), ma che sono le uniche a poter garantire quel patto sociale tra cittadini ed economia oggi tanto necessario per accompagnare il superamento del difficile momento attuale.

Bene: nessuno mi ha preso a pomodorate! Quindi posso continuare. Cercherò subito di mantenervi incanalati verso "nessuna apertura e nessuna alternativa" e parlerò immediatamente di isolamento. È ovvio che ridiscutere i bilaterali perché il territorio Svizzero e soprattutto quello ticinese non reggono la mala economia che sfrutta questi accordi non è assolutamente un isolamento. Ma so che la gente ragiona sempre a bianco o nero, dunque riuscirò a trasformare facilmente il concetto di "discussione" in quello di "isolamento". Come? Sempre non argomentando niente e sempre dandolo per scontato! Poi andrò ancora oltre, riuscendo addirittura a paragonare sempre la discussione dei bilateriali alla guerra fredda tra USA e URSS! Esagerando alla grande, ma ormai non mi sto più seguendo nemmeno io...

La prospettiva dell’isolamento non è realistica, poiché ci metterebbe in una condizione di estrema fragilità rispetto alle decisioni esterne, generando un contesto di instabilità che può solo essere negativo per la costruzione su basi solide del nostro domani. Se vogliamo sviluppare ed investire nella qualità dei nostri servizi, nell’innovazione economica, nella ricerca, nella produzione ad alto valore aggiunto, non possiamo immaginare di avere relazioni con l’Unione europea simili a quelle che avevamo ai tempi della guerra fredda con i vari Paesi europei e l’allora Comunità economica europea, un periodo nel corso del quale la portata di questo soggetto politico era più modesta ed i due blocchi, USA ed Europa occidentale da un lato e URSS e Paesi satelliti dall’altro, si confrontavano su piani diversi da quello odierno. Un altro mondo, ormai tramontato definitivamente.

E adesso, nella direzione sbagliata, ma vi mostro quanto sono raffinato. Qui devo riuscire a far passare che il problema della libera assunzione e tutti gli imprenditori che dall'Italia arrivano qui ad aprire aziende per sfruttare condizioni e personale sottopagato siano in realtà una xenofoba chiusura ostile verso tutto quel che proviene dall'Italia. E lo farò facendo credere a chi si batte per il proprio lavoro e per delle condizioni di vita sostenibili, che invece sia un piccolo individuo, impaurito, smarrito, ripiegato su se stesso senza accento magari (nrd: ho fatto copia incolla dal sito e ho fatto anche un print screen caso mai venisse corretto...), senza alcuna fiducia nei propri mezzi e con grande nostalgia verso le rendite di posizione del passato. So che è una vigliaccata, ma tra le due mi è sembrato più facile convincere voi che l'UE...

Nel contesto attuale, un Ticino che intenda puntare sulle eccellenze deve necessariamente anche saper superare l’atteggiamento indecorosamente ostile verso tutto quel che proviene dall’Italia, che in questi ultimi anni invece di attenuarsi sembra essersi addirittura accentuato. In alcuni frangenti questo clima, benché creatosi attorno a fenomeni sociali forieri di elementi anche problematici, ha raggiunto livelli parossistici, trasformando a tratti la nostra realtà in una caricatura, nell’immagine di un Cantone piccolo, impaurito, smarrito, ripiegato su sé stesso, senza alcuna fiducia nei propri mezzi e con grande nostalgia verso le rendite di posizione del passato.

Il finale mi fa vergognare: io mi scuso con le famiglie e con tutte le persone toccate dal problema del lavoro perché tra un po' vi griderò in faccia: "Basta a questa specie di isteria collettiva, che non ci fa onore e che mostra al mondo il nostro lato peggiore". Mi dispiace, ma d'altra parte, pur essendo socialista, non me la sento di sostenere i lavoratori perché sono perdenti: nel mondo c'è una terza guerra mondiale in atto e io voglio salvarmi la pelle alla faccia vostra. Quindi invece di fare il socialista e stare dalla parte della socialità, faccio quello che dicono dell'UE e spero di riuscire a sfangarla. Mi dispiace, ma quando mi sono buttato in politica problemi veri non esistevano ancora e non pensavo che un giorno la situazione mondiale avrebbe chiesto così tante capacità e virtù tutte in una volta sola. Noi credevamo di poter ancora star qui a giocare a chi fa più voti, e invece adesso c'è davvero della gente tra il popolo che ha bisogno di noi. E noi non abbiamo nessuna idea di cosa fare. Quindi, in virtù di queste ultime righe davvero offensive nei confronti di quel 70% dei votanti che il 9 febbraio ha manifestato reali problemi, io vi invito a chiedermi nei prossimi mesi di iniziare nuovamente a crescere, imparare e ad evolvere. Perché questo è ciò che serve alla politica oggi. Se non vorrò farlo perché non ne avrò il coraggio, vi prego tra un anno di mandarmi a casa e di lasciare spazio a chi veramente il politico lo farebbe per il bene del mondo e non per raccattare più "Mi piace" degli altri. Quindi, voi che negli ultimi anni avete visto la vostra vita lavorariva distrutta, leggete queste ultime mie righe e ricordatevi di non accettare più cose simili da un rappresentante del Governo, e soprattutto da un socialista!

Abbiamo molte frecce al nostro arco per affrontare la realtà odierna marcata dall’apertura delle frontiere con fiducia. Una realtà, non va negato, che presenta anche degli svantaggi, i quali vanno affrontati con tutte le misure possibili, cosa che il Governo cantonale sta facendo, e non semplicemente drammatizzati all’inverosimile. E allora, e lo dico in questa occasione nella quale è di rito far riferimento all’orgoglio nazionale, tiriamo fuori il nostro orgoglio di ticinesi e cogliamo l’occasione di dire “Basta” a questa specie di isteria collettiva, che non ci fa onore e che mostra al mondo il nostro lato peggiore: sappiamo essere altro, sappiamo fare altro, sappiamo guardare al futuro con la tranquillità di chi sa di vivere in un territorio complessivamente bello, ben organizzato e di successo.

Vi ringrazio per l’attenzione e auguro a tutti una buona Festa nazionale.

E ringrazio Nicola Pini per aver fatto il discorso che avrei dovuto fare io! Bravo Nicola: il discorso più socialista di questo primo agosto!




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