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Il nostro mondo? Un insormontabile problema di religioni

legalizegeorge.wordpress.com
È sufficiente guardare un po' le logiche che percorrono il nostro mondo per notare una serie di modelli ricorsivi nel modo in cui ci definiamo e ci strutturiamo. Detto in maniera più chiara, possiamo pensare a due elementi costantemente presenti nella configurazione della maggior parte degli esseri umani: l'appartenenza a un gruppo e, personalmente o attraverso il gruppo, l'adozione di un ideale o di un Dio. Tipo: io sono buddhista; io sono rock; io liberale; io vegano; io contro il razzismo; io ecologista; io cattolico; io ateo; io "tango for ever"; io neonazista; io New age; io Bunga bunga; io salto con l'asta; io finanza... E così è per ognuno di noi e per ogni gruppo presente nella nostra società. Ma la cosa divertente e che praticamente ogni fede tende a voler diventare unica su tutti, o almeno predominante, e la cosa ancora più spassosa è che pochissime fra loro siano compatibili. Ecco perché si arriva allo scontro: un cattolico e un bungabunghista saranno uno contro l'altro, come pure un liberale e un pipidino, o come un vegano e un carnivoro e così via. Soluzione? Nessuna mantenendo questa configurazione!


Perché escludo una soluzione alla "dinamica delle fedi"? Perché la storia dell'uomo è l'inconfutabile dimostrazione che le fedi non conciliano e non concilieranno mai: non so quanti milioni di anni ci servano ancora per provare inutilamente a trovare un equilibrio tra approcci diametralmente opposti alla vita, e che non possono nemmeno essere oggetto di discussione oggettiva in quanto intese dall'uomo in forma religiosa, dunque perdonatemi, non oggettiva.
Ma il problema più grande qual è? È che la fede stessa, all'interno del gruppo, diventa totalitaria. Quindi verrà a mancare la possibilità di un approccio critico. Vi faccio un esempio: io mi alzo la mattina e faccio il giro dei portali. Lì di giorno in giorno decido chi, oggi(!), dice cose che condivido e che voglio sostenere e chi invece ne dice di altre che non condivido. Spesso dunque reagisco e scrivo sul blog. Ma domani mi alzerò come se nessuno dei nostri attori fosse mai esistito e di nuovo mi chiederò chi, oggi(!), dica cose condivisibili dal sottoscritto oppure no. E lo posso fare soprattutto perché non ho una fede partitica: dunque oggi posso apprezzare il discorso socialista sulle casse malati, ma domani posso non essere d'accordo con il mancato sostegno a Venuti da parte del partito. O posso condividere qualche articolo del Mattinonline perché mi piace e ritengo dica cose interessanti, e il giorno dopo sparar su Robbiano per le sue scellerate denunce. E questo mi permette di valutare e soprattutto di sviluppare un discorso sulle idee e non sulle ideologie. E anche, ed è forse il vantaggio più grande, di avere un mondo immensamente più grande di quello di un liberale solo, o pipidino solo, o di un buddhista solo, perfino.
Anche perché, ragazzi, se qualcuno avesse davvero trovato la soluzione alla nostra penosa vita, noi non avremmo questa penosa vita! Credo piuttosto che le nostre culture, i nostri credo, le nostre ideologie e le nostre correnti siano una serie di tentativi, nati nell'ignoranza di un mondo piccolo, fisico, fatto a zone e soprattutto senza la globalizzazione dell'informazione. Dunque vite che si si sono sviluppate in maniera relativa al luogo, a chi lo abitava e ciò che, spesso accidentalmente, vi succedeva. E siccome l'uomo è nato minuscolo in un mondo immenso, subito non se l'è sentita di assumerlo tutto e ha avuto bisogno di un Dio: di un motivo, di una spiegazione a priori della propria esistenza.
Perché? Perché l'uomo, appunto, è nato minuscolo e ha dovuto costruirsi, dunque il senso l'avrebbe trovato dopo, man mano, sulla strada. E adesso è, a mio avviso, proprio il momento in cui l'uomo, quello connesso, quello che può avere una visione globale, si assuma questa responsabilità: quella del senso della propria esistenza, mettendo alla base di se stesso proprio se stesso e non altro, un Dio, qualcun altro, un credo o una fede.
Certo, non è mica facile, perché il discorso implicito è che, dopo aver coperto e connesso tutto il pianeta, beh, quel Dio che cercavamo non lo abbiamo trovato! Dio non c'è, direbbe qualcuno. Dio è altrove, direi io: dentro! Se infatti fino a oggi abbiamo cercato manifestazioni di Dio fuori da noi, nel cielo, nei simboli e nei segni, negli eventi, nei miracoli e nei "prescelti", ora dobbiamo levare l'occhio dallo specchio in cui abbiamo imparato a guardare e a vederci - l'altro - e rivolgerlo al vero e unico protagosta e senso della nosta vita: noi stessi. E incredibilmente lì dentro c'è Dio: c'è il Creatore, il creatore di senso, ma del nostro senso!
Il più grande peccato di un dio è infatti quello di rubare il senso della vita a chi lo venera, perché questo dio deciderà per lui, perché sarà più forte di lui! E anche, abbracciare una fede, non ti permette di sviluppare e di allenare tutti gli strumenti critici necessari alla vita: un cattolico non metterà in discussione la Bibbia, ma ancora peggio applicherà i principi in essa contenuti nell'eseguire le proprie scelte. Quindi, in fondo, l'individuo non è libero e addirittura effettua scelte senza poterle affrontare criticamente perché la sue fede non è discutibile. Schiavi: mentali, ma schiavi!
Eppoi, ragazzi, Nietzsche oltre cent'anni fa aveva già centrato il punto quando, rivolgendosi a Wagner, lo apostrofava con un fulmine come "Umano, troppo umano". Perché? Perché Nietzsche aveva capito che l'uomo non fosse finito, che potesse andare avanti a costruirsi ancora, ad affinarsi ancora, mettersi in discussione ancora e migliorarsi ancora. Nietzsche auspicava per l'uomo di andare oltre, auspicava l'Oltre: l'Oltreuomo!
Ma per superarsi, ancora Nietzsche aveva individuato la condizione necessaria: la morte di Dio, il crepuscolo degli Dei. Quel muro invalicabile, indiscutibile e insormontabile che il mondo prima, per la sua immensità, e altri uomini poi, per la loro disonestà, hanno messo davanti all'uomo. E se ci pensiamo, anche questi nostri Dei, queste nostre fedi, questi nostri credi, questi nostri partiti sono oramai evidenti creazioni umane, troppo umane: i primi uomini sulla terra vedevano un fulmine e pensavano fosse l'ira di Dio e allora facevano un totem raffigurante il dio Fulmine e ci sacrificavano davanti qualche giovane vergine. E noi oggi ridiamo, perché sappiamo cosa siano i fulmini! Ma tra cinquecento anni, forse, ci sarà un uomo capace di vedere la stessa cosa di noi, quando guarderà la cronaca della nostra epoca e parlerà di Israele, di Jihad, di terrorismo, del Vietnam, di Hiroshima e Nagasaki, della Chiesa, dei partiti, delle religioni, di Hollywood, del Bunga bunga, delle banche, del marketing, dell'economia, dei 18mila bambini che ogni giorno morivano (muoiono!), di gossip e di tutte quelle cose senza alcuna critica che l'umanità di questa epoca accetta ogni giorno senza battere ciglio. Perché a raccontargliela e a trovare una giustificazione c'è sempre, pronto, un Dio a farlo: la TV, un partito, un divo di Hollywood, un santone, un prete, un personal coach, un presidente di una nazione, un manager, un padre autoritario, un datore di lavoro, un amico più forte di te... 
Ma a me, Dio, non è mai venuto a dire di fare così, e nemmeno di accettarlo. Me l'ha sempre detto un uomo. Solo un uomo!








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