È un po' che lo dico, ma tutti fanno fatica a credermi: il mondo della politca si è chiuso in se stesso, è autoreferente, e ha sempre meno a che fare con il popolo. Tanto che alla trasmissione CASH della RSI di ieri nessuno dei due concorrenti della puntata è riuscito a riconoscere Paolo Beltraminelli! E adesso voi penserete che i concorrenti fossero un pakistano e un greco venuti qui in vacanza. E invece, a quanto pare, erano due ticinesi di cui uno docente di storia! Capite? Un docente di storia che non conosce la composizione del Governo ticinese: un mito! E sì, certo, a un docente di storia che in Ticino non conosce i membri dell'Esecutivo bisognerebbe togliere non solo l'insegnamento, ma anche il passaporto svizzero, però in fondo questo è un segnale immenso e inequivocabile di quanto poco politica e popolo siano vicini. Dopo anni che il mondo della politica è andato restringendosi, oggi si limita al gruppetto del partito, ai media vicini e agli amici del politico, che come dicevo per i liberali ma vale per tutti, si frequentano, si confrontano e si riproducono sempre e solo tra loro. Ottenendo così una riduzione del mondo e un impoverimento della genetica che non si nutre più di configurazioni differenti. Così che in fine, finalmente, tutti si possa dire in coro: "Ma tu, Beltrachicazzosei??".
Hanno una bella faccia tosta a proporsi come rappresentanti del popolo, quando il popolo manco sa chi siano. Quindi diventa difficile pensare che i nostri amministratori possano interpretare il nostro sentore, visto che tra noi e loro c'è un abisso! Alla fine torno sempre lì, torno alla partecipazione al voto in costante discesa: una partecipazione che arrivava per la votazione del Nazionale del '91 al 67.5% e che dal '99 in avanti non ha più raggiunto il 50%. Quindi il mondo della politica è esattamente quella minuscola fetta di popolazione che ancora vota. Siamo quasi 350mila abitanti e gli aventi diritto al voto sono poco più di 200mila. Ma i votanti sono circa 100mila, cioè meno di un terzo della popolazione. Se si considera poi che molti di loro non si interessano di politica, ma votano per appartenenza, scopriamo che a conoscere i nostri cinque eroi sono i membri del loro partito, un po' della concorrenza, gli amici e i vicini di casa.
Perciò è ovvio che parte della responsabilità di questa incoscienza civica vada imputata al popolo: se non li seguiamo, poi pensano solo con la loro testa e fanno danni. Ma è anche vero che in un sistema di libero mercato come quello dei partiti va considerata anche la capacità della "superstar" di mantenere il successo e di guadagnarselo giorno dopo giorno. E uno che non riesce ad essere sufficientemente efficace da farsi riconoscere neanche da un docente di storia del cantone in cui opera, significa che ha fallito! Il compito della politica deve assere anche quello di curare il dialogo con il popolo: se questo dialogo non c'è significa che la politica si muove in maniera indipendente. E invece è la nostra politica. La nostra, non la loro!
Ed è un peccato che come il solito a capire le cose si arrivi non quando è troppo tardi, ma sempre un po' dopo: se gli interlocutori della politica sono altri politici o l'economia, questa non rappresenta più il popolo. Dunque tenderà a muoversi nella direzione degli input che riceve: cioè della politica e dell'economia. Mentre invece è importante, e a questo punto va ricostruito, il dialogo tra cittadino e politica, così che questa rappresenti proprio il popolo.
Vi faccio un esempio: quando si parla di disoccupazione e di gente in difficoltà, alla politica non arrivano le impresssioni della gente, perché i politici tra la gente, tutta, non ci stanno. Stanno con i loro simili e difficilmente potranno parlare con un artigiano in difficoltà per via dei padroncini. E non in difficoltà da non potersi permette le vacanze, ma abbastanza da non potersi permettere di mangiare tutti i giorni. Ma i politici questi input li hanno nascosti tra le statistiche: la disoccupazione, i nuovi posti creati, quelli persi... Percentuali, numeri e proiezioni, che poco rappresentano il reale stato, ancora più che del portafogli, dell'anima del popolo.
E allora che fare? Venite qui! Venite tra di noi, a confrontarvi! Uscite dallo schermo della TV, dalle pagine dei giornali, anche da Facebook e tornate tra la gente, a conoscerla, a parlare con loro, a guardarla negli occhi e a esercitare e sviluppare la fratellanza, quella che deve unire un popolo. Fateci parlare, ascoltateci e ridisegnate l'idea che vi siete fatti del nostro Ticino: non siamo numeri, statistiche e nemmeno percentuali; siamo esseri umani che ancora prima di un preventivo hanno bisogno di non sentirsi soli. Abbiamo bisogno di sentirci partecipi di qualcosa e soprattutto di qualcosa che ci rappresenti. E personalmente credo che ormai i Beltrachiminchiasei, così come sono, non ci rappresentino più.
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