"Io queste cose non le guardo", mi dicono. Beh, io sì! |
Quante volte avrete sentito parlare della Coscienza globale:
quell’argomento di marketing sul quale maghi, fattucchiere, personal coach e
altri furbetti sul genere hanno fondato la loro fortuna; ma anche la sfortuna
di una sacco di povere donne, per la maggior parte, alla ricerca di un senso
nella vita, o ancora meglio di un’illusione nella vita. Certo che la Coscienza globale
esiste, ma non è quella cosa lì: la Coscienza globale è la presa di coscienza,
dunque implica un lavoro, di quanto succeda su tutto il nostro pianeta. E non,
come spesso qualche rincitrullita mi dice, “quando tutti ci si sente uniti in
un abbraccio universale”. Proprio no, anche perché i 18mila bambini che ogni
giorno muoiono avrebbero molto da ridire. Come pure le donne stuprate e uccise
in India, o i morti, soldati e civili, che fa la guerra. O chi muore di
inquinamento o di crepacuore perché non ha lavoro e vive in condizioni proibitive.
E c’è sempre uno di quelle facce di merda che si fa pagare per dire certe
cazzate, a sostenere che le cose stanno così perché si tratta di un disegno
di Dio. Poveraccio: quante barbarie squisitamente umane sono state attribuite
al povero Dio…
Dunque il risultato è una popolazione “civilizzata”
completamente cieca e insensibile alla realtà, ma prontissima ad abbracciare
qualsiasi illusione. Mi arrabbio spesso e provo a far notare che invece si
tratta di un lavoro, di una presa di coscienza, non di una coscienza che ci
prende calandosi dall'alto. È molto differente!
Non è Dio a farci comportare così e non è il mondo ad
essere irrimediabilmente così: siamo noi ad essere irrimediabilmente così.
Siamo noi ad aver perso la dimensione del mondo. Ecco perché succede che un’anziana
e colta signora possa passare dieci giorni all’addiaccio, a Lugano(!), senza
che nessuno si preoccupi di lei. Perché magari, anche se non è giustificabile,
si può capire lo scarso interesse per ciò che sta lontano da qui, lontano da
noi e dal nostro orizzonte, ma infischiarsene anche di chi ci sta davanti,
vicino, è una brutta cosa.
Siamo diventati miserabili: chiusi nel cerchietto dei
nostri specchi amici, cioè di persone e contesti capaci di riflettere solo la
nostra illusione, l’immagine che vorremmo di noi, e soprattutto di non metterla
mai in discussione. Ed è più che comprensibile: ci vuole un coraggio immenso
per accettare lo scempio al quale l’uomo è arrivato, e soprattutto ci vuole
molto coraggio per ammettere che la colpa sia totalmente nostra: dell’uomo!
Ed è questo il problema: l’uomo, noi! Il nostro
meccanismo di funzionamento, e di educazione, ci porta a parlare dei sintomi
come se fossero problemi. Invece sono solo sintomi: un problema è un immenso
meteorite che colpisce la terra, ma non lo sono né la scarsità di lavoro, né l’inquinamento,
né la corruzione e nemmeno la cementificazione incontrollata. Ecco, quelli non
sono problemi, sono i sintomi delle nostre scelte e delle nostre azioni. Magari
sì, non di tutti noi: ma diventano di tutti noi al momento in cui la nostra
coscienza li accetta e non si oppone.
Ricordo tanti anni fa un professore di filosofia e una
sua considerazione – una di quelle che faceva fuori dalle lezioni, per
precauzione forse – a proposito della nostra realtà: diceva che questa fosse solo una delle infinite (infinite!) realtà che l’uomo poteva scegliersi.
Certo, è difficile capire considerazioni simili quando la filosofia (l’amica
del pensiero) è materia con la quale si può entrare in contatto solo al liceo o
all’università. E non capisco: come mai l’unica materia capace di insegnare all’uomo
a pensare non sia presente già alle elementari? È meglio non imparare a
pensare? È meglio fermarsi al tema e non avanzare alla dissertazione?
Dunque ci tengono lontani dal pensiero (caso mai…) ma non
ci proteggono dalla televisione, dalla pubblicità, dal Drive in, da Striscia la
notizia e da Barbara D’Urso, come pure da quegli imbroglioni che da anni
lucrano sulla Coscienza globale e su quell’altra minchiata chiamata
erroneamente New Age. E intanto che siamo qui ad aspettare che gli Dei ci
portino la Coscienza globale, noi ci lasciamo rubare anche quella individuale.
Beh, ma noi siamo complici: continuando a promuovere il
più figo o la più figa, la convinzione e la sicurezza che questi dimostrano e
il contesto luccicante che abitano. Ma è un tappeto rosso steso su una
discarica di insensibilità, egoismo e menefreghismo, e certo: anche di morti,
immondizia, inquinamento e vittime.
Lo ripeto: il nostro mondo è un tappeto rosso su una
discarica! Non possiamo provare a levare questo tappeto e con coraggio guardare
cosa c’è sotto e, sì, cosa di conseguenza ci abita. E affrontarlo, cioè
affrontare noi stessi!
Uffa, guardate la foto per un po': possibile che sono l'unico a mettermi a piangere nel vedere queste cose?
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