"Proibire la canapa è stato un fallimento. Legalizziamola"

L'uomo è l'essere che fa errori e passa la vita a giustificarli, ma quasi mai a correggerli. Parliamo di salari minimi, di contingenti, di Gripen, di droga, di mala economia, di corruzione e chi più ne ha ne metta: ma parliamo sempre e solo di sintomi e mai di cause. La causa è sempre e solo una: l'uomo, colui che fa il mondo! E un essere ingnorante, codardo e poco impegnato, se non cambia abitudini difficilmente potrà costruire qualcosa di più di un cumulo di macerie, rifiuti e bugie. Poi però il tempo e l'universo si muovo, il mondo attorno cambia e l'uomo deve ammettere di essere stato un idiota. Come nel caso della canapa, che dopo la grande liberalizzazione di una ventina d'anni fa e il seguente priobizionismo, si conclude con la dichiarazione del capo della polizia neocastellana, quella che leggete nel titolo: si conclude con un fallimento. E come sempre io vado a cercare nel mio archivio, partendo almeno da dieci anni fa e cercando se avevo scritto qualcosa in proposito... L'ho scritto, naturalmente, e ve lo ripropongo, perché in questo mondo non sono le verità a mancare ma le orecchie per sentirle. Olivier Guéniat, appunto il capo della polizia neocastellana e esperto in materia, sottolinea come il commercio della canapa sia diventato il mercato illegale più grande in Svizzera. Dunque, da questa affermazione, ecco il pezzo che avevo scritto per Il Diavolo (mitici!) una decina di anni fa...



Canapa: Governo pirla!

La storia la sapete tutti: una banda piuttosto ben organizzata si è intrufolata in un deposito militare ad Arbedo e si è fregata un ingente quantitativo di erba, selezionando accuratamente solo le qualità migliori. E il tutto scassinando la bellezza di sette porte blindate! Il malloppo è stato ritrovato, ma la dice lunga sull’entità del problema “erba” in Ticino. Prima si lascia crescere un commercio che assume in poco tempo dimensioni mastodontiche e che trasforma in tossicodipendenti metà della popolazione. Poi si smantella tutto, sperando d’aver risolto il problema! Bisogna essere proprio pirla!


Cosa resterà di questi anni ottanta?

Torniamo un attimo alla fine degli anni ottanta... Vi ricordate?! Per la maggior parte dei simpatizzanti del THC farsi un cannone non era mica facile. I canali erano pochi, per cui vigeva la legge della “frammentazione infinita del caccola”.
L’erba infatti non c’era! C’era solo il “pot”, il “fumo”, l’hashish. Il “caccola”! Che, al dettaglio, non arrivava a tonnellate, ma a etti, o pochi chili al massimo. Per cui la catena era pressapoco questa: lo spacciatore di quartiere trattava gli etti, che vendeva a un gruppo ristretto di persone: i fumatori accaniti. Questi erano i cannaioli senza ritorno, che per mantenere l’attività polmonare a tempo pieno, si erano attrezzati a rivendere a gruppi di amici, facendo naturalmente la cresta sulla merce. E la catena proseguiva così, fino alle appendici, in cui compravi un “deca” e vendevi un “due” al tuo migliore amico, che lo vendeva a cinque al pirla di turno, non senza aver privato il sassolino di un’ulteriore pezzetto per una microcanna di dogana.
In quegli anni era così difficile trovar da fumare che avere in tasca dieci franchi di fumo poteva garantire un sabato sera ricco di persone che volevano stare con te e che morivano dalla voglia di renderti felice! Molte indistruttibili amicizie sono nate da un minuscolo “caccola”! :-)
Beh, questo fino a qualche anno fa...


Libero per tutti!

Adesso, immaginatevi un equilibrio raggiunto, che tutto a un tratto viene distrutto dall’apertura dei primi, misteriosi canapai. La notizia si sparge a macchia d’olio e nel giro di poche settimane i pochi pionieristici canapai si fanno una clientela più numerosa dei supermercati. Vendono sacchetti profumati alla canapa, da mettere negli armadi per dare una fragranza particolare ai nostri vestiti. E qui qualche domanda il nostro traballante governo poteva anche farsela. Ad esempio avrebbe potuto chiedersi chi cazzo va a spendere cinquanta franchi per profumare i propri armadi? O ancora quanta cazzo di gente c’è in giro che muore dalla voglia d’avere i propri vestiti che odorano di erba? E infine sarebbe stato lecito domandarsi... quanti cazzo di armadi ha il popolo ticinese?


Il boom!

Nel giro di qualche mese spariscono i registri da firmare (prima chi acquistava il sacchetto doveva mettere il proprio nome su un... libro mastro), come pure le confezioni tipo “arbre magique”. Che vengono sostituite da squallidi sacchetti di plastica con l’indicazione del tipo di gangia scritte a pennarello indelebile.
E la richiesta sale, tanto che i canapai spuntano come funghi dappertutto. E i gestori si arricchiscono, perché la clientela non manca di certo! Ma per soddisfare le richieste ci vogliono produttori capaci di fornire non più gli etti, ma le tonnellate!
Ed ecco che il Ticino rielabora il concetto inaugurato anni prima per il piano dei trasporti locarnese: la famosa “onda verde”. E dal piano di Magadino spariscono i pomodori, per lasciare spazio alle immense serre sorvegliate, tutte all’insegna del verde. Il sottoscritto, a suo tempo, ne aveva visitata una: ho camminato dieci minuti per percorrerla tutta! Anche le valli si colorano di THC, come pure i campetti privati, le piccole serre, i giardini e i balconi... E ancora una volta ci chiediamo: quanti cazzo di armadi hanno i ticinesi?? E, soprattutto, quanto cazzo sono grandi??


Il degrado e la concorrenza

Bisogna fare una considerazione: dopo un paio d’anni dall’apertura dei primi canapai ormai la popolazione ticinese era composta da tossici. Tanto che il problema non era più trovare l’erba, ma individuare il canapaio che vendeva quella più “stonosa”, e cioè con la maggiore percentuale di THC.
Per cui, i produttori hanno iniziato a selezionare qualità di canapa sempre più “hard”, fino a raggiungere livelli quasi letali. Letali per una persona normale, ma non per il popolo ticinese, ormai in pieno stato di assuefazione. Tanto che, malgrado queste bombe transgeniche, molti canapai fornivano sotto banco alcuni altri prodotti “complementari”, come i funghi allucinogeni e altri simili principi attivi.
E nel frattempo le coltivazioni continuavano ad aumentare, per soddisfare le richieste degli indigeni, ma anche quelle delle popolazioni limitrofi. In pratica il Ticino si era trasformato in una piccola Amsterdam. E siccome gli Svizzeri hanno la fama di essere precisini e rigorosi, la cosa non è certo stata una bella pubblicità. Soprattutto quando ti senti dire dai tuoi amici italiani che in Ticino si viene solo per “andare a puttane, giocare d’azzardo e farsi le canne”! E, di nuovo, dopo anni di coltivazioni intensive, il nostro assonnato governo avrebbe dovuto chiedersi chi cazzo se la fumava tutta quella canapa?
Ma è ovvio: noi! La popolazione! Tonnellate di erba finite nei polmoni dei vostri figli, dei vostri padri. Ma anche delle vostre madri e delle vostre figlie! Come pure dei nonni, le nonne, gli zii, i cugini...
Insomma, se il popolo ticinese non fosse stato composto da tossici, dove cazzo sono andate a finire le tonnellate di erba prodotte ogni anno? Eh?


Il taglio a produzione e vendita, ma la richiesta?

Poi, qualche mese fa, il Governo si è svegliato e ha deciso di rimettere un po’ d’ordine. Eliminando la prostituzione e il gioco d’azzardo? Macchè: quei settori fanno ingrassare i ricchi. E la politica del nostro sciagurato cantone non contempla privazioni alle lobby economiche... Si taglia là dove queste lobby non sono riuscite a costruire i propri interessi, e temono per il crescente aumento di potere. Per cui, via la canapa! Tutto fantastico, se non fosse che, dopo anni di dipendenza da THC, non è mica così facile smettere. Tanto che la richiesta è ancora alle stelle! E benché il mercato nero si stia riorganizzando alla grande, manca la materia prima: la gangia! Ecco perché l’hanno fregata: perché quell’erba lì, con i prezzi del mercato nero attuale, vale un pacco di grana!
Eheheh: il problema della canapa in Ticino non è finito adesso. Comincia adesso!


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